E’ di questi giorni la notizia che il parlamento francese ha approvato una norma che obbligherà i ristoranti a specificare sul menù se un piatto è fatto in casa a partire da materie prime, o se contiene prodotti semilavorati di origine industriale. L’espressione da usare sul menù sarà “fait maison” e verrà abbinata ad un logo, la cui definizione è rimandata a un decreto attuativo. Per esempio un puré di patate potrà avere il logo “fait maison” solo se ottenuto da patate vere e non da farina di patate, lo stesso discorso vale per un minestrone, una torta, ecc
Sylvia Pinel, Ministro del Turismo, Commercio e Artigianato del governo francese, e presentatrice della proposta di legge, ha spiegato che la norma risponde a un’esigenza di trasparenza e d’informazione nei confronti dei consumatori, nonché di valorizzazione dei professionisti della ristorazione impegnati in un lavoro di qualità. La decisione dovrebbe avere ricadute positive sul turismo e valorizzare la gastronomia francese famosa in tutto il mondo
In Italia le istituzioni e le forze politiche, come sappiamo, sono impegnate in questioni ben più importanti per occuparsi di favorire la trasparenza e valorizzare la qualità della ristorazione e la professionalità di chi s’impegna e crede nel proprio lavoro. Ma noi italiani siamo fantasiosi, e soprattutto siamo abituati a fare a meno delle istituzioni, anche perché quando si mettono a produrre norme, spesso, creano più problemi di quanti ne risolvono.
Siamo tutti consapevoli del forte impatto dell’industria nel preparare prodotti semilavorati per la ristorazione, non voglio demonizzare nessuno, ma vorrei che ci fosse trasparenza e congruenza nel prezzo di quello che mangiamo. Vorrei poter essere consapevole se mangio un piatto preparato con prodotti locali dove dal produttore al cuoco mettono le loro competenze culturali e la loro capacità professionale, o un piatto che è un assemblaggio di semilavorati industriali.
Allora creiamo dei marchi di qualità, dei marchi che corrispondono a dei criteri trasparenti che rendono facilmente riconoscibile un prodotto o un ristorante. La sfida adesso è la tracciabilità totale di un prodotto, dall’origine al processo di trasformazione fino al consumatore. Lo stesso vale per chi trasforma le materie prime e ce le propone, ristoranti, bar, catering, ecc. La qualità è data in primo luogo dalla tracciabilità della materia prima e del processo di produzione e trasformazione. Questo vale anche in riferimento al valore economico di un prodotto, che può essere ottimo ma provenire da aree geografiche dove ha un valore di mercato inferiore.
E’ nella logica della qualità riconoscibile ed affidabile che bisogna puntare per valorizzare un territorio, ed è in questa strada che stiamo lavorando per dare visibilità in Elbataste a quei ristoranti, a quei bar o negozi che propongano e valorizzino i prodotti elbani, che propongano ricette tradizionali, o reinterpretate della cucina locale. La cultura enogastronomica locale è un punto di forza per lo sviluppo del turismo di qualità, è necessario farla conoscere, praticarla e comunicarla.
Il secondo buon proposito dell’anno nuovo è quello di proporre a chi condivide questo approccio un “decalogo” di punti che rendano riconoscibile la buona cucina fatta con prodotti locali e nel rispetto e valorizzazione delle professionalità e delle culture locali. E se le istituzioni ci seguiranno su questa strada potremmo farne un marchio che renda visibile e comunicabile la qualità del cibo all’Elba!
Per fare un esempio l’olio, è il frantoio a dare l’origine al prodotto. Ammettiamo di prendere in considerazione delle olive di ottima qualità ma che provengono dalla Toscana o dalla Puglia, avremo due oli eccellenti se lavorati bene ma che hanno sul mercato un valore completamente diverso, allora se produciamo un olio toscano con olive pugliesi, o spagnole, non è una questione di qualità, casomai di caratteristiche differenti, ma di un prezzo della materia prima completamente diverso.
Valter Giuliani http://www.elbataste.com/
nella foto: Sylvia Pinel Ministro del Turismo Francese (Partito Radicale di Sinistra)