Oggi non ho voglia di scrivere l’articolo della mia rubrica. Sono andata a Pisa due volte nel giro di tre giorni. Sono passata dal porto, una volta di più, e una volta di più mi sono sentita un ospite. Una sensazione strana, sentirsi ospiti quasi a casa propria.
Ecco due foto inquietanti: le tamerici in fiore, adesso, sulla costa elbana, sulla spiaggia di Magazzini. Nessuno le tocca, nessuno le pota. Sono in fiore così da un mese.
Una selva di tamerici, a Piombino: potate, stregate, aride, alternate a oleandri nanizzati. Hai il presentimento che non fioriranno mai.
Evviva.
Un giorno qualsiasi, di primavera, a Piombino. Ecco il porto di Piombino che un tranquillo viaggiatore incontra dopo lo sbarramento portuale. Sembra che il porto ci dica: dimentica dove stai andando, non ce ne importa niente che stai andando in vacanza, o che stai tornando a casa, intanto adattati, imbarcati, mettiti in fila e non guardarti intorno…
Non brontolare se piove e non hai tettoie verso l’imbarco ai moli.
Non ti lamentare, ma cammina in fila indiana sui mini-marciapiedi con la tua valigia, non accanto, ma dietro di te, perché non c’entra.
Altrimenti, addentrati in mezzo al traffico e alle file di macchine.
Non far caso alle poche piante spelacchiate o già morte nei rari vasi di cemento, sono lì per sbaglio.
Ammira gli alberelli potati a cilindri, che invece assorbono tutta la creatività di intenti giardinieri concentrati su esperimenti di arte topiaria.
Aspetta in piedi l’autobus per Campiglia, perché i posti a sedere sulla panchina sono solo per tre persone.
Prega poi che non piova mentre aspetti l’autobus, i posti a sedere coperti sono sempre quei tre.