"La fuga di notizie sulle minacce di Totò Riina a Nino Di Matteo indica che qualcosa non ha funzionato e che nelle carceri entra troppa gente". È lapidario il procuratore aggiunto di Reggio Calabria Nicola Gratteri, durante l'audizione tenutasi di fronte alla Commissione Diritti Umani del Senato, in merito al regime di detenzione del 41-bis.
"I boss hanno la capacità di lanciare messaggi criptati e, per il futuro, bisogna fare attenzione anche alla fuoriuscita della più innocente notizia" avverte Gratteri, da anni impegnato in prima fila nella lotta alle ‘ndrine calabresi.
Salvatore Borsellino, in una intervista rilasciataci lo scorso febbraio, aveva considerato le intimidazioni di Riina come "una fatwa lanciata da un uomo che non può più esercitare il potere che deteneva prima della sua cattura, ma che ha ancora una grande influenza spirituale su quello che resta della struttura militare della mafia".
Il fondatore del Movimento delle Agende Rosse aveva anche individuato, nelle confidenze fatte al boss della SCU Alberto Lorusso, l'intenzione del capo dei capi di rivolgersi ai pezzi deviati dello Stato, manifestando la propria disponibilità a fare, ancora una volta, il lavoro sporco: eliminare un comune nemico, rappresentato questa volta dal pm Di Matteo.
Il capo dei capi, attualmente recluso nel carcere milanese di Opera, è uno dei 750 detenuti posti sotto il regime del 41–bis.
Durante l'audizione, il procuratore Gratteri ha evidenziato le lacune del sistema, soffermandosi soprattutto sulla necessità di concentrare i detenuti in regime 41 –bis in poche strutture carcerarie. "Oggi i detenuti in regime di 41 – bis sono distribuiti in 12 carceri e questa è già una anomalia – afferma Gratteri - perché ciò significa avere 12 direttori con 12 interpretazioni diverse del 41 –bis. Per questo dovremmo cercare di costruire 4 carceri dove convogliare tutti i detenuti al 41 –bis e avere 4 direttori specializzati".
Per fare questo oltre ai soldi, occorre abbandonare la politica dei tagli lineari, che tanti danni ha prodotto nell'ultimo decennio, rivedendo anche alcune scelte non felicissime del passato, come la chiusura delle carceri dell'Asinara e di Pianosa.
"La decisione di chiudere le carceri di Pianosa e Asinara è discutibile – ha aggiunto Gratteri - perché la loro collocazione determinerebbe un effettivo isolamento del detenuto, permettendogli comunque di svolgere delle attività e di non stare chiuso venti ore in cella.
Quando si riparlerà di sovraffollamento delle carceri, voglio vedere quale partito politico avrà il coraggio di parlare della riapertura di queste strutture" è stata la "frecciatina" finale di Gratteri ai partiti.