Bastano le cronache di questi giorni a darci un’idea dello stato di crisi del nostro ambiente con il ripetersi di disastri con tanto di vittime.
E quasi sempre dopo si torna a ripetere che si doveva e poteva intervenire prima.
E mentre gli ultimi dati del WWF confermano la cementificazione selvaggia delle nostre coste si sta cercando di mettere mano a nuove trivellazioni a mare. Non solo ma si torna pure a parlare di condoni in territori come quelli campani dove in fatto di scempi non ci siamo fatti mancare nulla. Servirebbero ovviamente parecchi soldi che come sappiamo scarseggiano. Intanto però scopriamo che persino in ambiti dove i disastri si ripetono puntualmente non riusciamo a utilizzare efficacemente le risorse disponibili regionali, nazionali e comunitarie. Non ci riusciamo nei bacini idrogeologici, non ci riusciamo con i piani paesaggistici, con quelli dei parchi e delle aree protette dove pure da anni la legge lo stabilisce chiaramente. Lo stabiliscono la legge sul mare la 979, la legge 183 sul suolo, la 394 sui parchi, la Convenzione europea sul paesaggio e molte altre norme e disposizioni europee che noi spesso ignoriamo pagandoci pure dazio.
Ora sembra che tra le cose più urgenti da fare per fronteggiare i nostri troppi guai ci sia quella di snellire le pratiche, le concessioni per fare le cose più alla svelta. Insomma il rovinoso contesto ambientale che ci viene riproposto senza soste dipenderebbe da intoppi e lungaggini burocratiche. Non quindi dalla mancanza e inadeguatezza dei piani di bacino, della assenza di piani regionali del paesaggio, dalla latitanza di politiche serie di gestione delle coste o del santuario dei cetacei. Non dal fatto che gran parte dei nostri parchi nazionali che operano in territori tra i più pregiati del nostro paese non hanno un piano e spesso neppure un ente che funziona perché commissariato talvolta da anni. Situazioni come quelle della Sicilia e della Sardegna i cui dati ricordatici dal WWF parlano da soli specie ma non solo per le nostre coste potranno riprendersi solo sburocratizzando e non mettendo le nostre istituzioni regionali e locali nelle condizioni di fare finalmente quello che gli compete.
E chi al senato non ha finora trovato di meglio -anche nel Pd- per rilanciare ad esempio la politica dei parchi di far fuori dall’impegno a mare le regioni e per far cassa permettere a chi paga di fare nei parchi quello che nei parchi non si può e non si deve fare, non sarebbe finalmente il caso che pensasse a come far attuare quello che la legge stabilisce già e chiaramente?
Nessuno si è chiesto perché nonostante quello che nella legge è scritto e previsto dal 1991 ancora non abbiamo una Carta della Natura o un piano nazionale sulla biodiversità? Basterà davvero aprire nuovi sportelli per rilasciare senza tanti scrupoli e fronzoli nuove licenze?
E visto che al senato si sta discutendo del nuovo titolo V di queste cose ci si occuperà?
Trovo perciò sorprendente la recente dichiarazione al Parlamento del ministro Galletti che considera tutto questo po’ po’ di marasma dovuto ad un ‘paese morfologicamente malato’.
Quella malattia fu già diagnosticata chiaramente molti anni fa e la cura prevista sta scritta in una serie di leggi che anche il ministero dell’ambiente sta snobbando e ignorando da anni. Anche lui riparta da lì perché i ministri servono a questo.
Renzo Moschini