Ci stiamo avvicinando alle elezioni in molte regioni e comuni anche in Toscana ma sul loro futuro regna la più ampia confusione dovuta alle crescenti turbolenze istituzionali sul piano nazionale. Ma la campagna elettorale sembra ignorarlo tutta presa com’è da altre faccende anche poco edificanti.
Nei giorni scorsi si sono registrate alcune vivaci polemiche, ad esempio, sulle regioni speciali che hanno accresciuto la confusione. Rossi è stato contestato dalla Serracchiani che nega che il Friuli si avvalga di risorse appunto ‘speciali’ ossia non riservate anche a quelle ordinarie. Ora da anni sappiamo che regioni ma anche enti locali confinanti con le Regioni speciali chiedono di diventarlo perché avrebbero maggiori competenze e anche risorse. Non solo ma mentre le regioni ordinarie hanno uguale trattamento quelle speciali hanno specialità diversificate in base ai diversi statuti. Quando negli anni ottanta il parlamento svolse una indagine sulle regioni speciali di cui ben pochi sembrano sapere qualcosa ricordo l’incontro con Melis presidente allora della Sardegna che rivendicava una specialità ‘forte’ come quella della Sicilia perché quella sarda al confronto era a suo giudizio di serie B. Bolzano e per certo versi la Valle d’Aosta in ragione soprattutto delle loro minoranze linguistiche godono di una specialità più tosta. Questi vantaggi non solo finanziari ricadono anche sui loro enti locali.
Ebbene nelle ipotesi del nuovo titolo V di cui nessuno sta parlando alle regioni ordinarie si farà barba e capelli come agli enti locali mentre per le regioni speciali tutto dovrebbe rimanere così. Insomma mentre le regioni ordinarie avranno minori competenze e anche su queste lo stato potrà mettere becco quando e come vuole per quelle speciali non cambia nulla.
Per questo c’è chi chiede per protesta che la specialità sia sbaraccata. La soluzione non è probabilmente quella giusta ma di sicuro è anch’essa al pari della ‘ordinarietà’ da rivedere e ridefinire.
E la partita non riguarderà solo le regioni ma anche le autonomie già malmesse e non solo per la cancellazione delle province. E se questo accrescerà le differenze tra territori soprattutto tra quelli delle regioni ordinarie e quello delle regioni speciali quello che era l’obiettivo del vecchio titolo V ossia una vera collaborazione su un piano di pari dignità dello stato, delle regioni e degli enti locali risulterà ancor più compromesso.
Eppure nei più diversi e vari documenti anche parlamentari che questi siano gravi rischi che il tipo di Senato in arrivo aggraverà ulteriormente il dibattito politico- istituzionale anche in campagna elettorale non sembra andare oltre i ‘professoroni’ e i gufi. Possibile che ci si debba accontentare dei casini di Fitto e i vaffa di Salvini e Grillo?
Renzo Moschini