Affrontare e risolvere il nodo di un voto in sintonia con la propria personale concezione di rispetto della democrazia, dei valori fondanti della sinistra e dell’etica della politica, è diventato un problema serio.
Quanto accaduto a proposito delle candidature per le prossime elezioni regionali, con particolare riferimento al “caso elbano” di Antonella Giuzio, ha tutte le caratteristiche, a mio parere, di una pagina di etica politica sinceramente sconcertante o, quantomeno, poco educativa..
Non è certamente una questione di provinciale senso di elbanità ferita, né, tantomeno, una questione di nomi, considerata anche la sincera stima ed amicizia che nutro, in particolare, nei confronti di Gianni Anselmi, cui auguro di raggiungere comunque il suo obiettivo politico.
Piuttosto, è un problema di partito, per quanto riguarda modi, tempi e princìpi.
L’esposizione mediatica della proposta candidatura di Antonella Giuzio non ha obbedito ad una megalomania presenzialista della stessa Antonella, quanto, piuttosto, rappresentava la pubblicizzazione dell’esito di un percorso democratico consultivo e decisionale di partito, all’Elba, conclusosi il 28 marzo con gli annunci di tutte le candidature della Federazione Val di Cornia – Elba.
A fronte di ciò, un percorso, sottolineo, la super-decisione successiva della segreteria regionale, con l’eventuale concorso, a me non noto, di altre segreterie o di altri soggetti, appare come una vera e propria forzatura difficilmente giustificabile, un evidente grave disconoscimento della convinta partecipazione di iscritti e di cittadini -elbani e non- ai dibattimenti ed alle scelte, una ferita che, oltre a minare la credibilità di tali tipi di percorsi democratici (consultazioni, primarie e quanto altro), risulta di impossibile comprensione per gli stessi iscritti, per i cittadini e per gli elettori, e tale da far porre la domanda: consultazioni, primarie, partecipazioni attive di iscritti e simpatizzanti, sono tutte espressioni democratiche da rispettare comunque o sono da considerarsi valide solo quando coincidono con le decisioni autonome delle segreterie di partito ovvero siano da esse, di fatto, instradate ?
Vengono, così, alla mente anche i dettati di non pochi articoli dello statuto di partito, che, di volta in volta, richiamano esplicitamente, per quanto riguarda le candidature, alla “parità di genere”, alla “rappresentatività sociale, politica e territoriale dei candidati”, “alla rappresentanza equilibrata di tutte le generazioni”: tutte forme di rappresentatività “di merito”, non certo limitate esclusivamente alla “quantità” di popolazione o ad altri elementi personalistici o similari.
Le esperienze di questi ultimi anni, all’Elba in questo caso, per tutto ciò che attiene all’insularità, hanno dimostrato l’oggettiva inefficacia dell’azione di tanti candidati eletti con i voti elbani, forse perché deve essere proprio vero che i problemi dell’insularità, per essere correttamente interpretati e responsabilmente rappresentati, devono essere stati, ed essere, vissuti direttamente, sulla propria pelle.
Problemi quali, ad esempio, la sanità e la continuità territoriale, sono stati a lungo soffocati fino a diventare oggetto di protesta civica e perdurante terreno di scontro tra Elba e Regione, sia a livello istituzionale che, sia pure a fasi alterne, di organismi di partito.
Di fatto, ora, gli esiti del “caso Giuzio”, configura, senza tanti giri di parole, una violazione sostanziale del principio di rappresentatività “di tema e di territorio”, aggravata dal fatto che la sostituzione della candidata elbana con altro candidato non elbano non arricchisce affatto la rappresentatività “di tema e di territorio” della Val di Cornia e di Livorno, già garantita al meglio dalla figura di Gianni Anselmi e dagli altri candidati originari: una forzatura del tutto gratuita, quindi, ed inutile nel merito.
Altro che semplice scontro di nominativi.
Certo viene da pensare che, se è vero che l’Elba e l’Arcipelago vivono da tempo questa scarsa attenzione e considerazione, probabilmente è anche vero che analoga valutazione andrebbe conseguenzialmente applicata al PD elbano, richiamando alla mente l’anacoluto popolare “chi pecora si fa, il lupo se la mangia”.
Anche questo è e sarà un problema da affrontare, traendone le dovute conseguenze.
Paolo Di Pirro