Promossa da Franco Pedrotti è in corso una interessante discussione sul futuro del Parco dello Stelvio. Tema non nuovo dopo la decisione di affettarlo come un cocomero per affidarne la gestione a Bolzano, Trento e alla Regione Lombardia delle singole fette perché ognuno faccia quel che gli torna meglio. Già Napolitano cercò di contrastare questa scelta sbagliata e rischiosissima. Ma i protagonisti non hanno finora saputo far tesoro di queste sagge critiche.
Da qui la decisione di tornarne a discuterne senza peli sulla lingua. Non appare però convincente l’idea -mi sembra non da tutti condivisa- di tagliar fuori la politica e i politici colpevoli di troppi danni per affidarne la piena titolarità ai ‘professionisti della conservazione’.
Non convince insomma l’idea, peraltro niente affatto nuova, di sfrattare in sostanza le istituzioni e le loro rappresentanze a cui le leggi nazionali e regionali affidano la gestione dei parchi e delle altre aree protette per tornare a lontanissime e non riproponibili gestioni tecniche. La condizione per costruire una ‘sistema’ o comunque un insieme i parchi su tutto il territorio nazionale infatti è stata proprio quella di fare entrare in partita stato, regioni ed enti locali. E l’Italia non è stata certo una eccezione ma solo una delle ultime arrivate. Ma -si dice- le istituzioni a cui è affidata la gestione politica non lo fanno bene e non solo per lo Stelvio. Vero e non vale solo per i parchi perché lo stato e le altre istituzioni non se la cavano meglio nella gestione del suolo, il mare e così via. Bertolaso docet! Ma proprio per questo urge tornare ad incalzare le istituzioni e quindi la politica perché torni a fare quello che gli compete per legge senza trucchi e scuse. Impedendogli, ad esempio, di mettersi la legge sotto i piedi o a stravolgerla come si sta cercando di fare da tempo al Senato. E se è vero che oggi tutti sembrano accomunabili nelle stesse responsabilità sia a destra che a sinistra è proprio questo che dovremo far saltare perché ognuno si prenda chiaramente le sue responsabilità italiano o tedesco che sia. Altrimenti offriremmo un alibi a tutti. A cominciare da chi da anni tiene di fatto bloccati parchi nazionali ora senza presidente ora senza direttore e sempre senza piani di gestione nonostante le denunce ripetute della Corte dei Conti. La scorsa settimana in un incontro a Torino l’anniversario della prima legge regionale del Piemonte sui parchi che precedette e non di poco quella nazionale, ha permesso di ricordare l’assessore Rivalta che ne fu l’artefice principale anche la prima leva dei presidenti politico-istituzionali dei parchi regionali piemontesi. A cui vanno aggiunti quelli del Ticino, dell’Etna, di Maremma e San Rossore. Che ritroviamo protagonisti della prima e seconda Conferenza nazionale dei parchi di Roma e Torino. Ecco perché nei parchi nazionali e regionali le rappresentanze istituzionali mortificate anche da una gestione ministeriale burocratica devono non sloggiare ma tornare a svolgere il ruolo che gli compete.
Le istituzioni non possono e non devono insomma uscire di scena devono tornare a starci a tutti gli effetti senza ulteriori rinvii.
Renzo Moschini