La preparazione dell’incontro nazionale del 6 ottobre a Pisa promosso dal Gruppo di San Rossore dove discuteremo del ruolo dei parchi in Italia ci ha consigliato di tornare alla carica di una proposta lasciata cadere con effetti molto negativi che oggi dobbiamo rivalutare. Mi riferisco alla Terza Conferenza nazionale che con scuse e pretesti vari il ministero dell’ambiente non accolse. Vorrei motivare questa proposta di rilancio decisione con alcune considerazioni che ovviamente sottopongo al giudizio e alle valutazioni di chi interverrà al nostro appuntamento.
Prima forse vale di pena di ricordare perché la fase di avvio in Italia di una politica sui parchi all’indomani della approvazione della legge quadro del 1991 di poco preceduta dalla istituzione del Ministero dell’ambiente rese necessaria una Conferenza nazionale a Roma.
Conferenza che impegnò il governo Prodi, il Presidente della Repubblica Scalfaro con un importante messaggio in cui si valorizzò il ruolo svolto dalle regioni nella istituzione e gestione di nuovi parchi coinvolgendo per la prima volta l’associazionismo ambientale e scientifico che per la prima volta ebbero un riconoscimento istituzionale anche nella gestione delle aree protette insieme alla rappresentanza della associazione dei parchi. Segnò il passaggio di mano dal ministero dell’agricoltura gestore dei vecchi parchi nazionali storici al ministero dell’ambiente a cui avrebbe seguito anche il superamento del ruolo del ministero della marina Mercantile sulle aree protette marine.
Fu un cambio netto nel panorama politico-istituzionale nazionale, regionale e locale del paese delle politiche ambientali.
La seconda Conferenza Nazionale di Torino – ministro dell’ambiente Altero Matteoli fu l’occasione di una riflessione critica che ebbe al centro le perduranti difficoltà e contraddizioni che erano andate emergendo in particolare –ma non solo- nella gestione delle aree protette marine su cui aveva continuato a gravare un centralismo penalizzante palesemente in contrasto con la 394 e anche le nuove politiche comunitarie. Non fu un caso che nel documento conclusivo Federparchi riuscì a fare inserire una disposizione correttiva che poi purtroppo -tanto per cambiare- fu regolarmente snobbata.
Qualche anno fa quando fu proposta da Federparchi ma anche altri soggetti la Terza Conferenza nazionale le ragioni erano estremamente chiare e riguardavano l’evidente caduta di ruolo dei parchi al punto che si era cominciato a parlare addirittura di privatizzazione. Il rifiuto ministeriale assunse immediatamente un preciso significato politico-istituzionale; non si voleva assolutamente discutere di panni sporchi in pubblico e tanto meno mettere in piazza le ragioni vere si una situazione sempre più insostenibile per i nostri parchi che si preferì scaricare sull’invecchiamento di una legge ormai ignorata e ripetutamente violata.
Che oggi la situazione appaia ulteriormente peggiorata è sotto gli occhi di tutti al punto che per la prima volta si è giunti da varie parti a chiedere le dimissioni del ministro dell’ambiente.
Queste denunce più che legittime sacrosante se non vogliono restare mere testimonianze di un diffuso disagio devono trovare una sede per essere prese in considerazione e concretamente discusse. Ecco la Terza conferenza; è in quella sede istituzionale infatti che i tanto soggetti coinvolti nella gestione delle politiche ambientali e in particolare dei parchi che devo e possono trovare una sede in grado di prendere decisioni concrete e operative.
A noi sembra che valga la pena provare.
Renzo Moschini