Sulle implicazioni politiche del NO al referendum rimando al dibattito in corso. Vorrei invece partire dall’agenda istituzionale che resta, anzi torna sulla scena con i suoi problemi irrisolti e non rinviabili per il governo, il parlamento, le regioni e gli enti locali.
Il caso più evidente, specie dopo il voto recente per diverse province, è appunto quello dell’ente intermedio che contrariamente da quanto era stato dato per scontato, è rimasto in Costituzione ma che con la legge Delrio è stato fortemente ridimensionato nei compiti e nelle risorse e costretto a trasferire per molti ambiti uffici e personale alle regioni. Il che oltretutto ha caricato queste ultime di funzioni amministrative anziché legislative e di programmazione. Gli effetti di questo sbilanciamento si stanno facendo sentire anche sui comuni e sulle loro attività che oggi più di ieri avrebbero bisogno di un soggetto capace di integrare le presenze locali.
In Toscana lo si visto subito, ad esempio, per le ANPIL cioè le aree naturali protette di interesse locale che si era pensato con la nuova legge regionale sui parchi di trasferire alle province e che ora sono rimaste orfane.
Certo, si dirà, ma restano le aree vaste che nessuno però sa cosa sono e come dovrebbero funzionare. Né lo si capisce di più e meglio se si mettono a confronto al riguardo le varie leggi regionali finora approvate. Ma le provincie, sebbene siano sicuramente il caso più evidente e importante, non è il solo problema. Il NO al referendum ha bloccato il ridimensionamento previsto per le Regioni i cui problemi del rapporto con la Stato previsto dal nuovo Titolo V restano aperti.
Ecco perché l’agenda istituzionale resta più che mai all’odg e non solo del governo.
Al momento non mi pare che l’argomento interessi a molti.
Non sarà meglio pensarci prima di altri inciampi?
Renzo Moschini