Ci sono voluti i disastri del Giglio e dei bidoni della Gorgona per tornare a discutere del ruolo e anche del tipo di parco di cui c’è bisogno all’Arcipelago.
E’ merito di Rossi che ha posto la questione alla vigilia peraltro delle nomine dell’Ente in termini finalmente chiari. Rossi infatti ha detto al Giglio che bisogna estendere al più presto l’area marina del parco. E qui è opportuno soffermarci un momento perché l’assurdità della situazione è questa; che il parco dell’Arcipelago che interessa più isole è soprattutto un parco terrestre. Per un francese ma anche uno spagnolo e molti altri europei che possa esistere un parco di mare che a mare non conta un tubo è del tutto inconcepibile. Per noi no.
E il bello è che si tratta di un parco tra i più commissariati d’Italia di cui hanno girato da tempo immemorabile proposte e carte su questo punto che il ministero non è mai riuscito –e non ha voluto e saputo- portare a termine. Contraddizione che ben si sposa con l’altra –il nostro ministero è molto fantasioso in materia- e cioè di aree protette marine ( Vedi la Tavolara ma vale anche per altre) dove la competenza si ferma alla spiaggia quando è noto e risaputo che la maggior parte dei guai a mare derivano da terra come è evidentissimo proprio nel Santuario dei cetacei di cui si è discusso poche settimane fa a Livorno all’Accademia Navale. E se tutto questo non bastasse al Senato si sta discutendo una serie di modifiche della legge 394 che se andassero in porto aggraverebbero questa situazione proprio a partire dalle aree protette marine.
Bene ha fatto dunque Rossi a rompere gli indugi e far pesare la volontà della regione che la legge del senato vorrebbe invece ridurre ulteriormente se non cancellare. E che questo avvenga mentre in Toscana si sta discutendo della nuova legge regionale sui parchi non può che giovare ad una riflessione d’insieme perche i parchi nazionali o regionali che siano si muovono e devono muoversi in una logica sistemica generale più di quanto è finora accaduto.