Leggendo l’ultimo numero del “Corriere Elbano” si ha le sensazione di una rinnovata linea editoriale. La figura e la caratura del nuovo Direttore, dott. Guido Paglia, e il suo vissuto professionale confermerebbe questa prima impressione. Non solo e, qui nasce la mia attenzione, nel firmare il primo numero, affrontando il problema della presenza dei cinghiali e dei mufloni all’Elba, confermerebbe non soltanto l’urgenza e l’importanza del tema tanto da farne una prima piccola inchiesta, quanto averne stabilito la priorità fra le tante lacune elbane. Personalmente ringrazio.
Infatti Il “Corriere” Intervista Marcello Bellini Responsabile dei Cacciatori e il Presidente del Parco dott. Sammuri.
I lettori sanno quanto più volte ho scritto in proposito, ricevendo innumerevoli consensi.
Idee, le mie, finalizzate alla completa gestione in loco delle tonnellate di carni ora destinate altrove. Idee destinate alla creazione di posti di lavoro, alla realizzazione di prodotti DOP esportabili e utili alla promozione del nome Elba. Ovvio che la relativa concretizzazione presupporrebbe un intervento privato, convinto come sono, che stiamo parlando d un patrimonio e di una ricchezza che fino ad oggi altri ne hanno goduto. Ove mancassero iniziative locali le Autorità preposte hanno ricevuto, a suo tempo, anche una dichiarazione di interesse ad esaminare eventuali proposte. Desti attenzione quanto viene sottolineato da un articolo sullo stesso quindicinale ove si afferma che il costo per l’abbattimento di un muflone può variare da 385 a 3000 euro, che per un cinghiale adulto si può arrivare fino a mille euro. Recentemente abbiamo saputo che negli ultimi anni sono stati catturati vivi oltre 10.000 esemplari. Ecco perché penso che l’Elba possegga una ricchezza da gestire diversamente.
Sono pertanto condivisibili le proposte di Marcello Bellini, ove auspica una maggiore attività venatoria della caccia ai cinghiali-mufloni, finalizzata anch’essa ad un turismo che genererebbe, seguendo esempi continentali, maggiore ricchezza e occupazione anche nella creazione di attività commerciali per la caccia (abbigliamento, armi, munizioni etc.).
Quanto sopra presupporrebbe la creazione di un mattatoio con assunzione di personale adeguatamente specializzato. Tali ipotesi sarebbero tipici vaneggiamenti se gli abbattimenti non fossero programmati nella quantità e nel genere, roba da specialisti i cui interventi sarebbero via via corretti nel tempo. In buona sostanza la riduzione scientificamente programmata e mantenuta dei capi farebbe si che gli animali potrebbero trovare di che soddisfarsi all’interno dei boschi, venendo così a cessare invasioni in luoghi abitati evitando tanti incresciosi incidenti.
Rimane il fatto che, dopo dieci anni di status quo, dopo oltre 10000 capi esportati, e immagino circa un migliaio di capi abbattuti dai nostri cacciatori, lo stato dell’arte non è sicuramente migliorato creando, è vero, anche danni ambientali.
Sono aumentati invece i danni ed i pericoli alle persone. Frutto di un strategia decennale sbagliata? E tutto questo quanto è costato? Penso sia arrivato il tempo che le Amministrazioni aprano un dialogo-confronto con l’Ente Parco e tutte le Autorità competenti e che si trovi concordemente la giusta soluzione, che concili sia l’ambiente, è vero, ma anche l’economia generale dell’Elba fin qui ingiustamente trascurata, a mio modesto avviso.
Sergio Bicecci