C’è qualcosa di stonato nella geremiade che in questi giorni affligge il nostro paese, la giaculatoria che periodicamente viene recitata, quasi sempre in situazioni di crisi economica accompagnate dall’emersione di comportamenti diffusi da codice penale che coinvolgono tutti o quasi i partiti presenti, e qualcuno anche non, nel nostro parlamento.
L’antipolitica.
L’anatema viene lanciato generalmente da personaggi che sono in politica da decenni, in posizioni di vertice nei rispettivi partiti, e che, dunque, volenti o nolenti, in qualche misura sono responsabili, se non altro per manifesta, appunto, incapacità politica di adempiere ai propri compiti, sia della crisi economica che della crisi di credibilità dei loro stessi partiti o delle istituzioni che spesso rappresentano. Il paradosso, purtroppo poco divertente, è che gli stessi personaggi che si sono mossi, per lustri, in modo antipolitico, accusano coloro che fino ad ora hanno loro concesso fiducia di essere antipolitici proprio perché minacciano di ritirarla.
Correvano gli anni 92/93 quando la cosiddetta prima repubblica tirava le cuoia, anche allora per manifesta incapacità dei suoi esponenti a governare questo paese aggravata da una pratica diffusa e molto tollerata anche da coloro che non ne erano direttamente coinvolti, di finanziamento illecito e di appropriazione personale di beni pubblici. Vide allora la luce quella che senza troppa fantasia venne chiamata seconda repubblica. Grandi speranze, grandi promesse. I fatti purtroppo raccontano una storia diversa. In questi vent’anni, pur essendo i partiti lautamente finanziati, un magnate gonfio di soldi di perlomeno dubbia origine ha sgovernato il nostro paese, sia direttamente che, per l’acquiescenza silenziosa e in qualche caso operosa degli altri partiti, dall’opposizione.
Creati, in vent’anni, tutti i presupposti per un nuovo disastro, quasi tutti i partiti hanno preferito, a grandissima maggioranza, affidarsi ad un comitato di salute pubblica per così dire tecnico ma in verità compiutamente politico, non da loro prodotto ma da loro subìto, riaffermando così palesemente la loro incapacità di produrre politica capace di affrontare le difficoltà anziche aggravarle.
Nondimeno, pur avendo fatto di tale comitato il braccio capace di far nuovamente ingoiare alle classi medio basse del paese le pesantissime conseguenze di vent’anni di antipolitica, nessuno ha cercato, almeno, di capire cosa non fosse funzionato nelle organizzazioni, diventate puro strumento di autoconservazione, e perennemente autoassoltesi nei comportamenti troppo spesso paracriminali, che dirigevano.
E dunque, spiace dirlo signori miei, ma, se proprio vogliamo trovarli, gli untori dell’antipolitica sono coloro che da decenni la praticano al posto della politica, e che, con ridicola sicumera, sembrano intendere praticarla ancora.