Mi chiamo Novella Baroni e vi scrivo perché ho davvero esaurito la pazienza.
Vorrei raccontare la mia storia per sfogare questo enorme senso di ingiustizia subita che da anni ormai va avanti.
Premetto che fino al 2013 ho vissuto e lavorato a Londra.
Ho comprato un terreno agricolo all'isola d'Elba nel 2014. Prima di acquistarlo avevo opportunamente verificato la fattibilità del mio progetto in base alla normativa Regionale e Comunale. L'idea era quella di avviare una piccola azienda agricola, con agricampeggio.
Vi risparmio i dettagli tecnici ma la riforma delle Province voluta da Renzi ha penalizzato le zone come l'Elba, prima zona svantaggiata/zona montana ora non più.
La mia azienda agricola prima raggiungeva i coefficienti adesso non più.
Purtroppo su questo terreno non c'è una casa, o meglio c'è un piccolo edificio di 27 metri quadri nel quale io ed il mio compagno abitiamo da ormai anni 5.
Causa coefficienti cambiati, non possiamo però chiedere la costruzione di una casa tramite un piano di miglioramento agricolo aziendale, presentato nel 2015, autorizzazione paesaggistica concessa a Pisa, è fermo a Livorno perché la Provincia non firma. Chi ha le competenze che non sono più della Provincia?
Non sapendo più nulla da anni ho tentato un'altra strada, del resto provate voi a vivere in uno spazio cosi piccolo dovendo anche gestire un'attività.
Tramite un geometra, presento quindi richiesta di ampliamento (adeguamento più che altro) del piccolo edificio esistente al Comune di Portoferraio che, con parere favorevole, inoltra la pratica a Pisa per l'autorizzazione paesaggistica, concessa anche questa.
La pratica torna a Portoferraio, dovrebbe a questo punto essere una formalità, dopo tutto erano d'accordo prima di Pisa, tornata da Pisa approvata che cosa potrà mai andare storto?
Problemi all'ufficio tecnico, ve ne siete occupati come redazione, sapete che cosa è successo poco prima delle elezioni quest'anno. Poi campagna elettorale, nuova giunta, insediamento, e la mia vita continua in 27 metri quadri ma ancora fiduciosa. Mi dicono che è una formalità, non potrà andare ancora per le lunghe.
Due giorni fa arriva la risposta. Parere Negativo. Lettera di DINIEGO.
Ad oggi la lettera è ferma in Comune, il mio geometra l'ha vista. Non l'hanno inviata perché gli impiegati dell'ufficio tecnico credono che il loro dirigente stia sbagliando e provano a prendere tempo. Il geometra sta provando a parlare invano con l'architetto del comune che ha firmato questa lettera (...).
Finché non mi viene notificato ufficialmente il diniego non posso vedere le motivazioni che hanno portato a questo dietro front improvviso, né tantomeno consultare un legale per eventualmente fare ricorso al TAR.
Insomma tutto questo lungo sfogo per dire che nonostante l'attività vada bene ed io abbia investito tutto qui, non posso rimetterci in salute oltre che soldi, penso che mi vedrò costretta a chiudere.
Quando sento i politici dire che bisognerebbe incoraggiare gli italiani a tornare dall'estero, aprire attività in Italia, recuperare terreni incolti, ripristinare sentieri, pulire boschi, rifare muretti, riformare uliveti e vigneti, favorire un turismo sostenibile a basso impatto ambientale, incentivare piccole imprese in zone svantaggiate ecc se non fosse la mia vita mi verrebbe anche da ridere.
In una email un tecnico del comune si giustifica (dopo aver dato all'architetto che lavorava per me) dicendo che quel giorno, "il collega che mastica meglio il regolamento era assente", e che lei pertanto aveva dato la risposta sbagliata. Normale no? In quale azienda privata persone cosi durerebbero 2 ore? (...)
A chi mi chiede se mi sono pentita di essere tornata in Italia dico ancora no, ma con sempre meno convinzione.
Scusate lo sfogo,
Novella Baroni