Riceviamo e pubblichiamo:
A sentire le fantasiose narrazioni di Legambiente sembra proprio che abbia frettolosamente tradotto quanto riferito dall'ennesimo turista cavese alla ricerca non tanto dell'integrità della natura (che ha senza altrettanto scrupolo asservito alle proprie pretese edificatorie) ma del valore immobiliare della sua proprietà, in barba agli strumenti urbanistici approvati da anni, ai diritti di concessione acquisiti da privati a cui non ci si fa scrupolo di arrecare danni e ad una comunità turistica che sta morendo per altri egoismi a cui l'amministrazione non ha saputo tempestivamente reagire, con la conseguente chiusura di una delle più amate attività di intrattenimento del paese.
Le strutture balneari già realizzate hanno dato a Cavo ed alla spiaggia fruibilità e decoro e sono forse oggi l'unico visibile segno dell'immagine turistica del paese.
Se qualcuno ritiene di fare moralismo ambientale si informi meglio su progetti ad impatto 0 senza un centimetro cubo di cemento di fronte a interventi che hanno consentito di realizzare con "ristrutturazioni" elastiche vere e proprie ville in barba ai divieti del PIT di edificazione entro i 300 m dalla spiaggia.
È evidente che si versi in tema di vicende imprenditoriali che hanno tutto il diritto di contare sugli atti validi e definitivi di un'amministrazione e che, se lesi, troveranno senza dubbio efficaci strumenti di tutela.
Cavo non chiude, lo sappia chi come al solito usa due pesi e due misure.
Paola Mancuso