La storia si ripete. Nel 2006 il Governatore Claudio Martini, abbagliato dal prestigioso curriculum del Dr.Mario Tozzi, proposto alla Presidenza del Parco dall’allora Ministro dell’Ambiente Pecoraro Scanio, espresse il consenso della Regione Toscana senza uno straccio di consultazione delle Istituzioni locali ( 11 Comuni e 2 Province ). Si limitò a comunicare ai Sindaci e ai due Presidenti di Provincia la sua decisione con un semplice fax.
Anche nel 2012, tra Firenze e Roma è stato raggiunto un accordo. E questa volta non è stato inviato neppure un fax. La notizia della intesa siglata nelle segrete stanze della politica fiorentina e romana l’abbiamo appresa dalla stampa locale.
Eppure l’Assessore regionale all’ambiente Annarita Bramerini era presente a quella Assemblea della Comunità del parco che approvò un ordine del giorno con il quale venivano individuati alcuni criteri per la scelta del Presidente e si chiedeva anche alla Regione e al Ministero di avviare un percorso di confronto con gli Enti facenti del Parco.
Si astenne l’Assessore Bramerini al momento della votazione, in quanto rappresentante di un Soggetto istituzionale, la Regione, a cui quell’ordine del giorno si rivolgeva, ma dichiarò di condividerne il contenuto.
E allora, cosa è successo? Perché si è evitato anche questa volta di coinvolgere le Amministrazioni locali? Oltretutto, in questo modo, non si è reso un buon servizio alla stessa persona designata per la Presidenza del Parco, il Dr.Giampiero Sammuri, che comincerà il suo mandato con un pesante fardello addosso: quello di essere stato scelto con una ulteriore imposizione da parte della Regione e del Ministero dell’Ambiente. E aggiungiamo pure il sospetto ( che molti già hanno) di essere “figlio”, sia pure inconsapevole, di una ennesima spartizione di potere, come avvenne nel 2006, quando ai Verdi fu concesso l’Arcipelago toscano, al Partito della Margherita il Parco delle foreste Casentinesi e ai Democratici di sinistra ( oggi Partito democratico) quello dell’Appennino tosco-emiliano.
Nulla da dire sulla persona del Dr.Sammuri, anch’egli in possesso di un ottimo curriculum. Qualcuno ha preconizzato che sia “la persona giusta al posto giusto”. Per il momento ci è difficile dimenticare che anche il Dr.Tozzi fu presentato, in una affollatissima assemblea alla Caserma De Laugier, come la persona giusta. Uomo di cultura e di scienza, dotato di grandi capacità di comunicazione che, per il Governatore Martini, avrebbe sicuramente “valorizzato l’immagine dell’arcipelago toscano nel mondo”. Con il passare del tempo, dopo gli entusiasmi iniziali, la delusione ha preso il sopravvento e l’annuncio profetico di Claudio Martini si è rivelato del tutto infondato. Basti pensare alle periodiche, farneticanti esternazioni del geologo/mediatico, riportate dalla stampa locale e nazionale, sugli Amministratori che avrebbero dovuto farsi visitare da uno psicanalista; sulla costa dell’Elba completamente cementificata; sulle spiagge superaffollate da cui non si può vedere il mare; sugli elbani “affetti da bulimia costruttiva”; avvezzi a lavorare solo pochi mesi d’estate dormendo “come i messicani in amache di fortuna” per fare spazio ai turisti e poi passare i mesi invernali alle Maldive: gente pericolosa, insomma, e vagabonda che avrebbe meritato, così si espresse il Presidente Tozzi, di “essere deportata in massa nel Montenegro”.
Aspettiamo di conoscere il Dr.Sammuri dai fatti, da quello che in concreto riuscirà a fare non solo per la salvaguardia del patrimonio ambientale, ma anche per la gente che vive e lavora nell’arcipelago e che dal 1996, anno della istituzione del Parco, aspetta da questo Ente politiche e programmi che riescano a conciliare l’imprescindibile e sacrosanta esigenza di tutela dell’ambiente con l’altra, altrettanto imprescindibile e sacrosanta, di promuovere solide opportunità di crescita economica. In una intervista il Presidente Tozzi ebbe a dire che un Parco deve solo pensare a conservare l’ambiente naturale esistente. Se questo porta anche vantaggi economici bene; se non li porta “ce ne faremo una ragione”. Questa non è la filosofia a cui deve ispirarsi chi è chiamato a gestire un Parco come il nostro caratterizzato da una forte antropizzazione e speriamo che Sammuri non appartenga a quella scuola di pensiero.
All’art.1 della legge 394 del 1991 è scritto che nei territori sottoposti al regime di aree naturali protette “ possono essere promosse la valorizzazione e la sperimentazione di attività produttive” e all’art.14 si affida ad un organo del Parco, la Comunità, il compito di sostenere “iniziative atte a favorire lo sviluppo economico e sociale delle collettività eventualmente residenti all’interno del Parco e nei territori adiacenti”. Allora non si cerca la luna nel pozzo, non si “sputano” assurdità se si chiede che il Parco nazionale dell’arcipelago toscano, dove di “collettività residenti” ce ne sono abbastanza, deve definire strategie ed azioni, d’intesa con le Istituzioni e soprattutto con le Associazioni rappresentative delle diverse attività economiche, che in concreto servano a conservare l’ambiente e insieme a sostenere l’economia; a valorizzare le risorse naturali e a far decollare “ogni altra iniziativa atta a favorire …..lo sviluppo del turismo e delle attività locali connesse” : così è scritto sempre nel richiamato art.14 della legge 394.
Certamente tutto questo non è facile da realizzare. Richiede un impegno nella gestione dell’Ente parco non indifferente e costante. Impegno che il Dr.Mario Tozzi non poteva garantire. I molteplici viaggi all’estero che è costretto a fare per i suoi eccellenti servizi televisivi glielo impedivano. Non ci sembra dal curriculum che il Dr.Sammuri sia altrettanto occupato.
E stando alle sue prime dichiarazioni forse possiamo contare oltre che in una maggiore presenza, anche in un proficuo lavoro. Intanto non ha prescritto ai Sindaci di sottoporsi alla visita di uno psicanalista; non ha parlato di cementificazione. Ha offerto, invece, disponibilità al dialogo ed ha riconosciuto la straordinarietà delle emergenze ambientali e paesaggistiche del Parco.
Ha preso anche impegno a “cercare la ricetta giusta” per “coniugare la conservazione dell’ambiente con lo sviluppo economico e sostenibile”. La rotta da seguire è questa! Senza “inchini” verso scelte urbanistiche non coerenti con la protezione dell’ambiente, ma anche verso atteggiamenti esasperati di ambientalismo talebano.
Giovanni Fratini
Caro Giovanni
Consentimi di ricordarti per iniziare, nel clima del 150°, un passaggio (tra i meno noti) dell’inno di Mameli che recita: “Noi fummo da secoli, calpesti, derisi/perché non siam popolo perché siam divisi”. Le opinioni degli elbani (così come quelle degli altri che vivono nell'Arcipelago) contano poco e sempre meno conteranno, finché a rappresentarle (male) saranno 8 capetti, 8 amministratori di condominio allargato, litigiosi e capaci di trovare sostanziale unità solo “contro” qualcosa e mai, dico mai, “per”. Punto.
Ciò premesso meno male; meno male che Clini e Rossi si sono inventati una eccellente soluzione, ancorché foresta, del problema, perché quella Comunità del Parco che citi (e che è diretta emanazione degli Enti locali su cui il Parco insiste) segnalatasi solo per non essere stata capace in 15 anni di cavare un ragno dal buco (altro che inerzia tozziana!), non sarebbe stata capace di trovare non dico l’accordo su un nome, ma credo neppure su una terna, e se avessimo dovuto attendere lo sfoltimento della “rosa” dei nomi già circolanti (dico tra i maggiorenti ilvati non nei bar), alcuni dei quali francamente balzani se non raccapriccianti, “si faceva notte”, sarebbe stato un commissariamento continuo. Questo pure perché quei nomi, nel numero di appena una quindicina, dal giorno dopo la “compatta” riunione della Comunità del Parco di cui tessi le lodi, arrivavano a Roma e Firenze proposti alla spicciolata (!). Si è ripetuto insomma quello che era già accaduto; nella tua ricostruzione della vicenda della nomina di Tozzi hai omesso di dire che i candidati “locali” furono tutti impallinati in loco, qualcuno perfino abbattuto dal “fuoco amico” del suo stesso partito o area politica di riferimento.
Potrai dire che quanto affermo sia in linea con il paradosso di Tozzi della deportazione montenegrina e certamente lo è, pure perché Tozzi, che evidentemente nel caso citi per sentito dire, nel suo libro, quella “soluzione finale” la indicava, ironicamente, come proposta proprio da me e sbagliando, perché l’originale era dell’odiato Umberto Mazzantini, (per il PD e zone collegate una sorta di sciagurato Egidio) ed il paese di destinazione era il Kirgisistan non il Montenegro.
Ti lascio tutti i tuoi accanitissimi ragionamenti sulle affermazioni e sulla presidenza di Mario Tozzi, che ovviamente non condivido neppure un poco, e mi limito solo a contestarti quella che ritengo la “castroneria finale” su cui sei approdato, probabilmente ricercando una chiusa ad effetto.
Vedi Giovanni “ambientalista talebano” è una contraddizione in termini, è quasi un ossimoro, si può essere ambientalisti decisi e perfino radicali, ma non “talebani” (termina che richiama in primis l’uso della violenza, qualcosa che è incompatibile con una coscienza ambientalista)
Gli ambientalisti talebani, Giovanni, esistono solo nella testa e negli incubi di chi vorrebbe fare quel che cazzo gli pare di quest’Isola e su quest’Isola.
L’uso de termine “talebano” si sposa al contrario ottimamente con chi fa diversificata violenza: con l’energumeno che minacciava di “picconare” gli escursionisti a Fonza e li aggrediva, i bracconieri che di notte sparano ai cinghiali o pescano di frodo, chi devasta i sentieri del Parco in moto o coi SUV, gli amministratori che hanno fatto cementificare e bitumare già troppa isola e che si apprestano ancora a farlo, gli incendiari che bruciano Mola etc. (ciò detto con buona pace dei cacciatori, pescatori, motociclisti e cittadini comunque per bene che rispettano le leggi scritte e quelle dettate della buona educazione e dalla coscienza).
Ti saluto (con l’affetto di sempre)
Sergio