L’argomento sopra indicato appare sempre di notevole interesse e attualità. Come è noto, e come meglio sarà precisato in seguito, l’acqua costituisce un bene pubblico (principio confermato addirittura in sede referendaria) la cui gestione è affidata a quello che la Legge definisce ENTE GESTORE DEL SERVIZIO. Tale funzione di gestione viene attribuita al soggetto a ciò designato dall’assemblea dell’ATO (Ambito Territoriale Ottimale) rappresentativa di tutti gli enti locali ricadenti nella zona interessata.
Il problema della manutenzione e della riparazione delle perdite si pone con particolare frequenza dato che la rete di distribuzione dell’acqua è ovviamente molto diffusa e ramificata ed insiste in modo praticamente totale su beni immobili che non sono di proprietà dell’ente gestore ma che appartengono o ad altri enti, ad esempio lo Stato, le Province ed i Comuni allorquando la tubazione insista su una strada pubblica, oppure a privati, quando la condotta idrica attraversa un terreno o una strada vicinale.
In pratica l’ente gestore del servizio è solito frapporre ogni tipo di ostacolo ad un proprio intervento allorquando si verifichi una rottura di una tubazione su un terreno privato oppure su una strada vicinale.
In realtà i rapporti tra l’ente gestore del servizio ed i soggetti proprietari dei beni sui quali è stata realizzata la tubazione dovrebbero essere regolamentati in base allo schema della servitù di acquedotto ed a tal fine le parti dovrebbero addivenire alla stipula di un vero e proprio contratto o convenzione disciplinante i rispettivi diritti e doveri.
Nella realtà ciò avviene assai di rado.
Resta però il fatto che, trattandosi oltretutto di impianti che esistono in loco quasi sempre da decine di anni, deve ritenersi costituita nella stragrande maggioranza dei casi una servitù di acquedotto a titolo originario. Ciò comporta la conseguenza che, secondo lo schema codicistico in materia di servitu’, il titolare del fondo servente non è tenuto a compiere alcuna opera necessaria all’esercizio della stessa la cui esecuzione resta quindi a carico dell’ente gestore.
Ciò detto nella prassi l’A.S.A. S.p.A. (soggetto gestore dell’ATO) sostiene di solito di non essere tenuta ad intervenire per la riparazione delle tubazioni e dei danni laddove la rottura della condotta avvenga su un terreno privato, quale ad esempio una strada vicinale.
Tale affermazione è priva di fondamento. Già in base alla Legge Galli del 1996 le acque, anche quelle presenti nel sottosuolo, hanno natura pubblica e tale principio è stato rafforzato dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (cd. Legge Ronchi).
In pratica l’acqua è soggetta a potestà pubblica dalla captazione fino alla consegna all’utente finale o, come si usa dire nel linguaggio comune, fino al contatore.
Il previgente regolamento del servizio idrico dell’ATO 5 era palesemente contra legem e doveva essere disapplicato dal Giudice. L’art. 25, comma 1, del citato Regolamento disponeva che l’ASA dovesse provvedere alla riparazione delle tubazioni solo ove le stesse insistessero su un terreno pubblico. Ciò implicava che il soggetto gestore non sarebbe dovuto intervenire per guasti verificatisi su terreni privati o su strade private anche se soggette ad uso pubblico. Invero il comma 2 della citata norma regolamentare precisava che “…hanno comunque valenza pubblica le tubazioni di adduzione e distribuzione dell’acqua potabile ed i relativi impianti e/o organi di manovra posti tra tratti di rete pubblica la cui interruzione comporta la mancata erogazione del servizio ad una o più utenze…”.
Il problema è stato, almeno parzialmente chiarito e risolto dal nuovo regolamento del servizio secondo il quale l’ASA deve provvedere alle riparazioni delle tubazioni esistenti sulle strade vicinali.
Infatti l’art. 22 del nuovo regolamento prevede che l’ASA debba formalizzare per i tratti di tubazione che insistono su terreni privati una regolare servitù di acquedotto e, soprattutto, che grava sul gestore del servizio, e non sul privato, la manutenzione delle tubazioni che gravano sulle strade vicinali ad uso pubblico.
In realtà anche il nuovo regolamento, anche se in modo meno grave rispetto a quello previgente, è illegittimo in quanto l’ovvia conseguenza di quanto sopra esposto è che l’Ente Gestore è tenuto sempre ad intervenire per riparare eventuali perdite su tutta la rete di distribuzione, a prescindere dalla titolarità del terreno sul quale la stessa si è verificata. Tale principio pare essere stato accolto in via incidentale anche dal Giudice di Pace di Portoferraio con la recente Sentenza n. 1/2019. Nel caso di specie l’ente gestore è stato condannato a risarcire il danno subito da un privato a causa di una perdita d’acqua con conseguente allagamento derivante dalla rottura di una tubazione esistente su una strada vicinale che l’A.S.A. S.p.A. si era rifiutata ripetutamente di riparare. Nella citata decisione il Giudice di Pace ha tra l’altro precisato che ai sensi “… dell’art. 2051 c.c. la responsabilità dei danni che ne sono derivati incombe sul proprietario custode della tubazione da cui si sono originate le perdite che hanno causato il danno”.
Avvocati Benedetto Lupi e Giulia Vannucci