Il polverone di polemiche sollevato in questi giorni nei confronti di Orsini dimostra paradossalmente la pochezza degli argomenti dei paladini del NO. Ridurre, infatti, ad una questione personale, per altro inutilmente astiosa e per molti versi immotivata, la validità o meno di un progetto di così rilevante importanza, quale quello che sta alla base della istituzione di un solo comune per l’Isola d’Elba, fa emergere la difficoltà di costoro a misurarsi sul terreno delle cose concrete e a mantenere il confronto ad un livello civile e dignitoso.
Sulla pretestuosa questione delle imprese non c’è molto da aggiungere a quanto le stesse associazioni di categoria hanno successivamente dichiarato, rigettando la maldestra operazione di chi le voleva divise e riconfermando l’impegno unitario che fin qui le ha distinte.
Se quindi si sgombra il campo dalla retorica sentimentale di un campanilismo che da tempo non ha più ragione d’essere e che appare sempre più di ostacolo ad ogni possibilità di sviluppo, non resta che il vacuo tentativo di demonizzare la prospettiva del comune unico, prefigurando scenari
apocalittici e facendo ricorso ad argomenti talvolta sconcertanti per la loro superficialità, e di contestare la legittimità del referendum, dimostrando, per un verso, la malcelata preoccupazione sull’esito del voto e, per l’altro, offendendo l’intelligenza e l’autonomia di giudizio delle migliaia di persone che hanno consapevolmente apposto la loro firma.
Non c’è risposta, fino ad oggi, alla domanda essenziale da cui è partito il progetto di chi ritiene necessaria e non più eludibile una semplificazione
istituzionale dell’isola attraverso la fusione degli attuali otto comuni, e cioè l’esigenza di ovviare alla perdurante incapacità dell’attuale sistema in termini di efficienza amministrativa, di rappresentanza politica unitaria, di programmazione del territorio e di uso e gestione delle risorse finanziarie, umane e sociali disponibili.
O, meglio, una risposta c’è, ed è quella di mantenere lo status quo, tirare a campare ciascuno nel proprio orticello senza essere protagonisti
di un cambiamento che, dall’alto, prima o dopo ci imporranno. Altre vie, tardive e timidamente accennate, appaiono soltanto dei palliativi e,
a questo punto, strumentali rispetto alla scadenza ravvicinata del referendum e all’obiettivo ottimale di un governo unitario dell’isola.
A chi parla di salti nel buio e prospetta ferite all’autonomia e all’identità delle diverse realtà municipali, tra l’altro improbabili e immotivate, sa di far leva su sentimenti diffusi che appartengono più ad uno istintivo stato di conservazione che alla ragione, quella ragione che non consente più defatiganti diatribe fra otto sindaci che ogni anno cambiano volto e intenzioni, che non riescono ad organizzarsi per fare uno straccio di piano strutturale unitario del territorio o, più semplicemente, a trovare un accordo per gestire insieme i servizi più elementari, e che per questo sono una zavorra che pesa sull’Elba e che rende incerto il futuro nostro e delle nuove generazioni.
Al sindaco Barbetti, uomo di destra, che si preoccupa di un presunto scarso impegno della sinistra nella campagna referendaria, mi preme ricordare, in primo luogo, che stiamo trattando di un progetto istituzionale, che appartiene a tutti e che pertanto non ha etichette politiche, come la sua e la mia
presenza, del tutto involontarie, nello stesso campo, dimostra. Ciò non significa, ovviamente, che ciascuna forza politica, in piena autonomia, non ritenga opportuno sostenere le ragioni dell’una o dell’altra parte. Sel, di cui mi onoro di appartenere, ha scelto di sostenere, senza se e senza ma, la campagna del SI e su questo obiettivo ha da tempo mobilitato tutte le sue esigue ma pur significative forze. Non mi pare abbia fatto altrettanto il partito di Barbetti, così come stupisce l’assordante silenzio del M5S che nel suo programma nazionale si propone di cancellare le Province e di procedere ad una fusione coatta di tutti i comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti. C’è da pensare, pertanto, che se Grillo sbarcasse all’Elba un pensierino sul comune unico ce lo farebbe.
Danilo Alessi