Evitare di abituarsi al ricordo delle vittime del sistema concentrazionario nazista: questo è il primo punto. Il rischio assuefazione è in agguato. Si avverte nell'aria un senso di fastidio (saturazione?) quando si parla di questo tema. In questi ultimi tempi, poi, si sono accentuati gli atteggiamenti da tifoso. Rigurgiti di riduzionismo e negazionismo insieme a segni (pericolosi) di fascismo e razzismo e, più in generale, di intolleranza.
<<Il luogo della memoria - ha scritto Umberto Folena su Avvenire - non è la testa. Il luogo della memoria è il cuore. Se si trattasse soltanto di ricordare, tenere a mente nozioni, mettere in ordine fatti e date, allora basterebbe una macchina ben organizzata, come qualche irriducibile materialista ritiene sia la materia grigia dentro la zucca. Ma la memoria è ben altro. Quella che tra qualche giorno rinfrescheremo, ricordando prima la Shoah e il genocidio degli ebrei d'Europa, e poi le foibe e l'esodo degli italiani da Istria e Dalmazia, coinvolge anche la coscienza, la responsabilità, l'impegno>>.
Da allora, diverse volte si sono tentati genocidi e pulizia etnica.
La memoria è necessaria, e non può diventare qualcosa di scontato.
Mi piace riportare la conclusione dell'articolo di Folena.
<<Per aiutarci a fare memoria, nel centenario della sua nascita, niente di meglio di una piccola favola del grande Gianni Rodari, tratta dal Libro degli errori (1964). Poiché è per bambini, possiamo sperare sia compresa perfino da certi adulti. Il titolo è 'Il funerale della volpe'.
«Una volta le galline trovarono la volpe in mezzo al sentiero. Aveva gli occhi chiusi, la coda non si muoveva. "È morta, è morta – gridarono le galline –. Facciamole il funerale". Difatti suonarono le campane a morto, si vestirono di nero e il gallo andò a scavare la fossa in fondo al prato. Fu un bellissimo funerale e i pulcini portavano i fiori. Quando arrivarono vicino alla buca la volpe saltò fuori dalla cassa e mangiò tutte le galline.
«La notizia volò di pollaio in pollaio. Ne parlò perfino la radio, ma la volpe non se ne preoccupò. Lasciò passare un po' di tempo, cambiò paese, si sdraiò in mezzo al sentiero e chiuse gli occhi. Vennero le galline di quel paese e subito gridarono anche loro: "È morta, è morta! Facciamole il funerale". Suonarono le campane, si vestirono di nero e il gallo andò a scavare la fossa in mezzo al granoturco. Fu un bellissimo funerale e i pulcini cantavano che si sentivano in Francia. Quando furono vicini alla buca, la volpe saltò fuori dalla cassa e mangiò tutto il corteo.
«La notizia volò di pollaio in pollaio e fece versare molte lacrime. Ne parlò anche la televisione, ma la volpe non si prese paura per nulla. Essa sapeva che le galline hanno poca memoria e campò tutta la vita facendo la morta. E chi farà come quelle galline vuol dire che non ha capito la storia».
La morale è semplice: non facciamo i polli.>>
Per la realtà elbana, di seguito riporto i link di precedenti post in questo blog:
3/2/2019
27/1/2018
7/2/2017
5/2/2016
3/2/2016
25/2/2015
Nunzio Marotti
Nella foto: Treno della memoria 2019 - studenti (anche elbani) dialogano con i testimoni