Anche i parchi riprendono le loro attività, sempre nel rispetto delle norme generali sul distanziamento sociale e sulla sicurezza sanitaria; ma anche i parchi portano le cicatrici di questo lungo lockdown, con il conseguente rallentamento non tanto delle attività di tutela della biodiversità, ma di quelle legate alla fruizione turistica, che incide sull’economia dei territori e, in alcuni casi, sui bilanci degli stessi enti gestori delle aree naturali protette.
Le attività di monitoraggio e tutela della biodiversità sono proseguite, in questi mesi, grazie all’uso delle tecnologie oltre che con il lavoro sul campo di specialisti e guardaparco, per certi versi facilitate dall’assenza di visitatori. Il problema principale, invece, è stato il fermo dell’intera filiera che lega le comunità con le aree naturali protette e che ruota sul turismo sostenibile. Parliamo di strutture ricettive, della ristorazione, delle guide, del merchandising e dell’intero comparto agroalimentare che opera nei parchi; sono tasselli che costituiscono uno dei cardini dell’economia che riguarda i territori interessati dagli enti parco.
Ho più volte accolto con favore l’istituzione delle Zone economiche ambientali. Nel decreto rilancio è prevista un’apposita voce di finanziamento per le Zea al fine di renderle pienamente operative. Gli incentivi e gli sgravi riguardano, come sollecitato da Federparchi, l’insieme delle attività economiche, comprese quelle delle guide parco e delle guide escursione.
Ringrazio il ministro dell’Ambiente Sergio Costa, il sottosegretario Morassut e tutta la struttura del ministero per la sensibilità e l’attenzione mostrata alle nostre proposte. Intendo ringraziare anche i presidenti dei parchi nazionali che hanno fornito rapidamente tutti i dati relativi alle aziende presenti nel loro territorio, compresi quelli delle guide ufficiali. Dati forniti a tempo di record, acquisiti ed integrati con dati Istat da Federparchi e da noi trasferiti al ministero dell’Ambiente, per il quale poi sono stati elementi decisivi nell’interlocuzione con il ministero dell’Economia e delle finanze.
Il decreto, quindi, costituisce un importante punto di partenza per sostenere e rilanciare le attività produttive all’interno delle aree naturali protette. Attività che, ricordiamolo sempre, sono e devono essere sempre improntate al pieno rispetto dell’equilibrio con gli habitat e il patrimonio di biodiversità in cui sono inserite. Ritengo che questo passo in avanti potrebbe essere ancora più efficace con un ulteriore miglioramento, magari da approvare nell’iter parlamentare di conversione in legge. Si tratta di considerare il perimetro su cui intervenire: il sistema delle aree protette italiane, oltre ai ventiquattro parchi nazionali in cui sono a oggi istituite le Zea, è composto dai parchi regionali, dalle Aree marine protette, dalle riserve statali e regionali. Sarebbe importante, quindi, ampliare il raggio di intervento delle Zone economiche ambientali includendo le altre tipologie di aree protette, partendo dai parchi regionali e dalle Amp, queste ultime vere e proprie cenerentole dal punto di vista delle dotazioni finanziarie.
Vi è poi un ulteriore punto su cui sarebbe necessario intervenire. Vi sono aree protette che, avendo cospicue entrate proprie legate alle attività turistiche, basavano buona parte del loro bilancio sui flussi di visitatori. A causa del blocco adesso si trovano nella stessa situazione di altri enti pubblici, come ad esempio tutti quei Comuni che avranno minori introiti non riscuotendo la tassa di soggiorno.
Dato che a questi ultimi, giustamente, viene riconosciuto un risarcimento, sarebbe rilevante estendere le compensazioni anche alle aree naturali protette che, sempre a causa del lockdown, hanno subito cali rilevanti delle loro entrate. Un contributo ulteriore per la ripresa economica all’insegna della sostenibilità.
Giampiero Sammuri, presidente di Federparchi