Dal 18 maggio l’Italia è ripartita. E con lei il nostro territorio.
Dopo più di 70 giorni di chiusura forzata, le città hanno ricominciato a vivere.
Abbiamo assistito con emozione alla riapertura di saracinesche e porte, consapevoli delle difficoltà di chi, in questi giorni, si sta scontrando con prescrizioni e incognite.
Si percepisce una sana voglia di ricominciare e di mettersi in gioco da parte dei cittadini, che seguono le regole e si adeguano alle indicazioni, per potersi tagliare i capelli o per bere un buon caffè al bar.
Per quanto riguarda la scuola, invece, un grave e colpevole silenzio.
In questi due mesi non è emersa nessuna proposta di riapertura, anche solo per cominciare un confronto con i dirigenti, i docenti, le famiglie.
In un panorama di generali riaperture, in cui si prospetta fra pochissimo giorni perfino la possibilità di muoverci fra regioni o Paesi diversi, stride e addolora il silenzio calato sulla scuola e sul mondo dell’educazione.
Si è pensato a tutto, a tutti. Non a questo.
È mancato il coraggio anche solo di avviare una discussione su una qualche proposta, magari un mese di sperimentazione da calibrare nelle diverse realtà territoriali, in base al numero dei contagi, grazie all’autonomia delle dirigenze, su base volontaria.
Un mese in cui, forse, potevano ripartire intanto i ragazzi di terza media e quelli di quinta superiore. In piccoli gruppi, con orari diversi, utilizzando gli enormi spazi vuoti delle nostre scuole, i giardini e i cortili.
Un segno. Per dire che la scuola è aperta.
Una sperimentazione che sarebbe stata utile anche in vista di settembre, quando dovremo ripartire davvero e sarà impensabile proporre di nuovo la Didattica A Distanza, i cui limiti sono evidenti a tutti: assenza di pc o tablet in ogni casa, connessioni spesso inadeguate, difficoltà di concentrarsi, piattaforme che funzionano bene con un solo microfono acceso, mortificando la possibilità di una didattica a più voci, che si nutre di confronto fra i punti di vista.
I bambini e i ragazzi, quindi, potranno girare liberamente, riunirsi nelle case oppure andare nei centri commerciali, a fare allenamenti o un tuffo in piscina, in totale sicurezza, ma non potranno tornare a scuola.
I ragazzi di terza media non potranno nemmeno fare l’esame in presenza.
Serve una discussione, subito, che rimetta la scuola al centro dell’azione politica.
Siamo già in clamoroso ritardo. Ma possiamo farlo, con coraggio.
Cerchiamo di trasformare questa emergenza nell’occasione per ripensare il ruolo dell’educazione e la didattica stessa, rinnovando non solo gli strumenti, quanto le parole stesse con cui contribuiamo a formare il nostro futuro.
Segreteria PD
Val di Cornia e Isola d’Elba