Prendiamo atto di quanto posto sulle testate giornalistiche locali dal Sindaco di Marciana in merito alla eccessiva presenza di specie ungulate nel territorio da lui amministrato e, più in generale, nell’intero ambito elbano e della Sua iniziativa di proporre agli organi competenti la modifica normativa delle “aree vocate” alla caccia al cinghiale, consistente nella “eliminazione” delle predette.
Il problema “ungulato” affligge da tempo il nostro territorio (potremmo parlare di problema nazionale e/o internazionale) e, al di là delle responsabilità primigenie, è stata affrontata a più riprese senza risultati “strutturali” tangibili.
Fin dalla sua prima istituzione avvenuta per Legge, l’ATC (ambito territoriale di caccia), per quanto di competenza, si è trovata a mettere in campo iniziative volte al contenimento della specie cinghiale promuovendo tutte le forme di caccia consentite (prima la sola braccata, poi la forma singola e la selezione ed è di prossimo avvio anche quella con il cane limiere) ed ha collaborato, anche economicamente, con le aziende agricole per la messa in sicurezza delle colture maggiormente sensibili.
Vale la pena anche ricordare che è stato grazie all’ATC che sul territorio a caccia programmata è stata avviata la caccia di selezione al Muflone, specie in precedenza mai gestita e sottoposta a prelievo e giammai introdotta sul territorio a scopi venatori.
Si è trattato talora di percorsi impegnativi anche perché inclusivi di percorsi formativi per i cacciatori che hanno richiesto tempo e risorse ed hanno, talora, dovuto superare comprensibili scetticismi e perplessità.
Da non sottovalutare inoltre le azioni di controllo messe in campo prima dell’avvento della cosiddetta “legge obiettivo” con il coinvolgimento delle squadre iscritte all’ATC nonché, successivamente, attraverso l’ acquisto e la gestione di trappole di cattura.
In buona sostanza si ritiene che nulla possa essere rimproverato a questo organismo che nelle mille difficoltà, non ultime quelle economiche, ha cercato di districarsi e orientarsi nelle more delle norme di volta in volta vigenti, caratterizzate soprattutto negli ultimi anni da un continuo divenire, per soddisfare le esigenze di tutti cercando di mantenere costanti coerenza ed equilibrio.
Chiaramente, è inutile nasconderlo, l’eradicazione delle diverse specie di fauna selvatica sottoposte a prelievo venatorio non costituisce obiettivo di questo organismo di gestione, tuttavia, riteniamo che le azioni messe in campo dai vari Comitati di Gestione che si sono succeduti al governo dell’ATC sono state impegnative e importanti compatibilmente con le risorse umane ed economiche disponibili.
Non dobbiamo neppure nasconderci che il problema ungulati è emerso nelle attuali proporzioni solo successivamente all’istituzione del Parco Nazionale che ha interdetto alla gestione faunistico venatoria oltre il 70% del territorio elbano, peraltro quello maggiormente vocato alla fauna ed alle specie ungulate e dove ovviamente non c'è pressione venatoria.
Un territorio, quello del Parco, in grado di offrire rifugio a popolazioni numerose le quali, tuttavia, per alimentarsi o approvvigionarsi di risorse idriche, sono costrette a traslocare nelle adiacenti aree aperte a vocazione agricola.
Tutto ciò premesso, per dovere di cronaca e per rendere giustizia all’ATC che, ci preme ricordare, si fonda quasi totalmente sul volontariato, vorremmo anche osservare circa la richiesta di “definire” il territorio elbano “non vocato al cinghiale”. Per prima cosa è bene sottolineare che si tratta di pura e semplice “definizione” e che a tale definizione, appunto, non consegue l’automatica e miracolosa scomparsa delle specie target. Anzi forse è proprio l’opposto.
Vale la pena di ricordare che, nel recente passato, il termine di “area vocata” od “area non vocata” era sinonimo di gestione mediante prelievo (area vocata) mentre nel restante territorio tale attività era formalmente interdetta alle specie ungulate. Ne sono stati esempi concreti la caccia di selezione al capriolo od al cervo ma anche al cinghiale allorché le aree di braccata interessavano esclusivamente le aree vocate alla specie.
Successivamente con la più appropriata definizione territoriale di “aree conservative” ed “aree non conservative” sono stati definiti obiettivi diversi per le popolazioni di ungulati presenti.
Nel caso del cinghiale sottoporre il territorio alla gestione non conservativa ha come effetto immediato l’applicazione di forme di caccia poco incisive per il territorio elbano quali la selezione, la girata e la forma singola, relegando la braccata, quella che in termini numerici garantisce un prelievo più favorevole, ad attività marginale e secondaria.
Appare evidente che non sono le definizioni che risolvono le problematiche di sovrappopolamento ma esclusivamente le azioni messe in campo e queste devono essere approntate sulla scorta degli obiettivi programmati che, comunque, per quanto ci riguarda, non possono essere l’eradicazione generalizzata anche nelle aree meno sensibili.
Riteniamo che i concetti di “Area Vocata” ed “Area non Vocata” siano oggi superati e che pertanto debbano essere sostituiti da criteri diversi che non siano pregiudizievoli per alcune tipologie di intervento o di attività e che pertanto siano inclusivi e non esclusivi, come fino ad oggi intesi, e tarati sugli obiettivi. Obiettivi condivisi, perseguibili e tollerabili quindi non estremisti e radicali.
Ciò comporta non solo grande competenza e professionalità da parte di tutte le forze in campo ma anche l’adozione di misure sinergiche fra Enti e Organismi territoriali che rimuovano le barriere ideologiche e favoriscano la coesione e la partecipazione.
Significativi passi sono stati registrati in questi anni di gestione, altri possono essere promossi e incentivati, consapevoli che in questi territori esistono, ed hanno diritto di esistere, più mondi, anche diversi tra loro, che devono coesistere e interagire evitando di stare in conflitto.
Offriamo quindi piena disponibilità, come sempre, ad ascoltare ed a collaborare per mettere in campo proposte plausibili, possibili ed inclusive. Certamente non ci trova concordi la richiesta avanzata dal Sindaco Barbi alla Regione Toscana poiché inutile ai fini gestionali e di contenimento delle specie ungulate, destinata a rimanere tale sulla carta, priva di efficacia e penalizzante per le squadre per la caccia al cinghiale iscritte all’ATC che rappresentano una importante risorsa per il contenimento della specie nel territorio a caccia programmata.
E superfluo ma necessario affermare quindi, in termini pratici e non tecnici e facendo in modo che il “comune” cittadino comprenda correttamente la portata del problema, che l'eliminazione normativa delle “aree vocate”, come intenzionalmente manifestata dal Sindaco Barbi (sul cui territorio comunale insiste la maggior parte del territorio PNAT) e da tempo, in maniera veramente ossessiva, anche dalle varie associazioni ambientaliste, animaliste nonché di agricoltori, corrisponderebbe all'eliminazione della possibilità della caccia al cinghiale all'Elba con il metodo della braccata (il più efficace tra quelli consentiti) il che paradossalmente, come sopra accennato, non andrebbe a risolvere il problema, come erroneamente ritenuto da molti, ma ad incrementarlo in via esponenziale visto che verrebbe a mancare il prelievo venatorio annuale nelle predette aree vocate libere e all'uopo destinate rispettivamente a ciascuna delle 3 squadre di caccia al cinghiale esistenti sul territorio. Sono già stati resi noti alla stampa i numeri degli abbattimenti nel periodo venatorio (nelle sole aree vocate) che si distribuiscono nell'arco temporale di 36 giornate di caccia in braccata nel periodo 1 novembre – 31 gennaio e che corrispondono alla non trascurabile cifra di oltre 350 capi abbattuti (annata venatoria 2019 -20) che eguagliano se non superano, proporzionalmente, i risultati ottenuti dal PNAT sul “suo” ben più grande territorio (pari a circa il 70% del territorio Elbano) nell'arco dei 365 giorni con l'utilizzo del metodo delle catture con gabbie e dell'abbattimento con i punti sparo assegnati ai selecontrollori abilitati.
Si rende doveroso precisare al Sig. Sindaco di Marciana, senza alcuna nota o vena polemica, che l'ATC è un Organo Istituzionale nominato per Legge che ha la funzione della gestione venatoria sul territorio e che sul territorio medesimo deve essere destinatario, al pari degli organi comunali, Prefettura, PNAT e organi di vigilanza, di tutte le comunicazioni e manifestazioni di iniziative e pertanto reso edotto di tutti i tavoli di confronto riguardanti materie connesse al problema “ungulati”, cosa fino ad oggi non verificatasi. Come prima accennato, offriamo quindi piena disponibilità, come sempre, ad ascoltare ed a collaborare con tutti gli Enti sul territorio per mettere in campo proposte plausibili, possibili ed inclusive, senza esclusioni “di parte”.
ATC 10 Arcipelago Toscano
Il Presidente
Avv. Carlo Simoni