La pandemia ha portato in evidenza vantaggi e opportunità della vita nei borghi di cui l’Italia è disseminata. Il dibattito pubblico negli ultimi mesi molto si è concentrato sui possibili interventi per rendere questa opzione maggiormente praticabile. Si è discusso sui modi migliori per mettere a frutto le risorse in arrivo dall’Unione europea. Va ricordato che il nostro Paese di uno strumento si è già dotato, oltre tre anni fa, approvando una legge sulla valorizzazione dei piccoli comuni: la legge Realacci.
E’ di questi giorni la notizia del via libera da parte della Conferenza unificata del decreto che individua 5.518 piccoli comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti che rientrano nelle tipologie della legge 158/2017 e che potranno così beneficiare dei finanziamenti.
Ermete Realacci, oggi presidente della Fondazione Symbola, da presidente della Commissione Ambiente della Camera nella scorsa legislatura promosse la legge riuscendo a ottenerne l’approvazione. Per tre legislature i tentativi si erano arenati al Senato, dopo i sì di Montecitorio. Oggi Realacci riconosce l’importanza del decreto della Conferenza unificata perché è un passo in avanti “pur in forte ritardo. Non dobbiamo tuttavia nascondere il fatto che i finanziamenti sono molto limitati, parliamo di 160 milioni di euro complessivi”. Il mondo dal 2017 è cambiato e l’emergenza sanitaria ha come accennato posto ancora più in evidenza le potenzialità dei piccoli Comuni. Ritiene Realacci che oltre ad aumentare le risorse a disposizione occorra oggi più di ieri “attivare la politica che quella legge proponeva, ovvero tutte quelle azioni che servono a mantenere o a dotare i borghi dei servizi necessari. Lo spirito della legge è quello di guardare ai piccoli Comuni non come a un piccolo mondo antico da accompagnare verso una morte indolore ma come a una scommessa su un’Italia che fa l’Italia, su un’economia più a misura d’uomo”.
La battaglia di Realacci per i borghi è persino ventennale, risale almeno a quando da presidente guidava Legambiente. Istituì una giornata dedicata proprio ai piccoli comuni e ama ricordare che in occasione di quella del 2002 ricevette un messaggio del Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi: “Questi borghi, questi paesi rappresentano un presidio di civiltà. [...] Sono parte integrante, costitutiva della nostra identità, della nostra Patria. Possono essere un luogo adatto alle iniziative di giovani imprenditori. L'informatica e le tecnologie possono favorire questo processo. [...] Può diventare anche questa grande avventura un'opportunità da cogliere”. Il promotore della legge ne vede sintetizzati i cardini proprio nel messaggio di Ciampi. Li elenca: “Identità del Paese, innovazione tecnologica e opportunità per i giovani. Sembra scritto oggi. La legge del 2017 mira proprio a promuovere una visione per la quale i piccoli comuni non vanno sostenuti in nome di ragioni umanitarie ma come una scommessa che chiama in causa le tecnologie. Quindi più risorse e attivare gli strumenti, i servizi. A oggi è passato solo lo stop alla chiusura degli uffici postali nei borghi”.
Tra le misure principali previste nella legge Realacci:
- diffusione della banda larga e misure di sostegno per l’artigianato digitale;
- semplificazione per il recupero dei centri storici in abbandono o a rischio spopolamento anche per la loro conversione in alberghi diffusi;
- interventi di manutenzione del territorio con priorità per la tutela dell’ambiente e la prevenzione del rischio idrogeologico;
- messa in sicurezza di strade e scuole e interventi di efficientamento energetico del patrimonio edilizio pubblico;
- acquisizione e riqualificazione di terreni e edifici in abbandono;
- possibilità di acquisire case cantoniere da rendere disponibili per attività di protezione civile, volontariato, promozione dei prodotti tipici locali e turismo;
- realizzazione di itinerari turistico - culturali ed enogastronomici e di mobilità dolce;
- possibilità di acquisire binari dismessi e non recuperabili all’esercizio ferroviario, da utilizzare come piste ciclabili;
- dotazione dei servizi più razionale ed efficiente, possibilità per i centri in cui non ci sono uffici postali di pagare bollette e conti correnti presso gli esercizi commerciali;
- facoltà di istituire, anche in forma associata, centri multifunzionali per la fornitura di una pluralità di servizi, in materia ambientale, sociale, energetica, scolastica, postale, artigianale, turistica, commerciale, di comunicazione e sicurezza, nonché per attività di volontariato e culturali;
- interventi in favore dei cittadini residenti e delle attività produttive insediate nei piccoli comuni;
- promozione delle produzioni agroalimentari a filiera corta e del loro utilizzo anche nella ristorazione collettiva pubblica.
I piccoli comuni secondo la classificazione adottata dalla legge sono circa il 70% dei 7.978 comuni italiani e comprendono oltre il 50% del territorio nazionale. Ci vivono oltre 10 milioni di cittadini, il 16,51% della popolazione italiana. Qui vengono prodotti il 93% delle DOP e degli IGP accanto al 79% dei vini più pregiati.
Andrea Scarchilli – Ufficio stampa Istituto Nazionale di Urbanistica