Con l’insediamento del nuovo governo e l’avvio del lavoro parlamentare sembra che anche per l’ambiente dopo una preoccupante latitanza istituzionale e politica qualcosa cominci a muoversi.
Per carità sono di questi giorni anche le allarmate denunce per la ripresentazione di proposte che incrementerebbero –tanto per cambiare- il consumo di territorio specialmente agricolo.
E tuttavia vi sono finalmente anche segnali nuovi sul terreno istituzionale e politico che inducono se non all’ottimismo sicuramente ad una doverosa attenzione e impegno da parte di chi aveva denunciato con forza i silenzi assordanti della campagna elettorale e prima ancora del governo e del parlamento.
Importanti sono sicuramente le dichiarazioni e gli impegni assunti dal nuovo ministro dell’ambiente Orlando in parlamento e anche con le regioni, così come lo sono anche quelli del ministro dei beni culturali Bray di cui si compiace anche il Presidente onorario del Fondo per l’Ambiente italiano Giulia Maria Crespi che aggiunge però che si rallegrerà ancor più quando il ministro s’impegnerà a rifondare il suo ministero praticamente distrutto. Esigenza che in buona misura si porrà peraltro anche a Orlando per quanto riguarda il ministero dell’ambiente che quanto a salute non se la passa granché meglio. Un ministero che da anni non presenta più neppure quella relazione sullo stato dell’ambiente al parlamento prevista dalla legge e che il parlamento si è guardato bene peraltro dal pretendere.
Ritengo sia un buon segno anche il recente documento sottoscritto dai deputati e senatori del Pd ‘L’ambiente al centro’ che pur non privo di omissis fa sperare che le commissioni ambiente di Camera e Senato dopo i troppi silenzi ma anche provvedimenti del tutto sbagliati e inopportuni come quello con cui al Senato si è modificata la legge quadro sui parchi e le aree protette togliendo qualsiasi pur minima competenza delle regioni sulle aree protette marine, sappiano far di meglio. Magari ricordandosi che la Comunità europea ci richiama da tempo a quella governance ambientale soprattutto volta a integrare e mettere in rete terra e mare e dove le regioni non possono certo essere considerate una presenza scomoda. Insomma vi èla necessità e l’urgenza di mettere in rete su un piano di pari dignità stato, regioni ed enti locali e non di dare una mano allo stato a riaccentrare anche competenze regionali che purtroppo le stesse regioni non hanno sempre saputo gestire come avrebbero dovuto.
Insomma qualcosa si muove e le istituzioni e le forze politiche possono se lo vogliono riscattarsi finalmente per le troppe cose che non hanno fatto e di quelle che era bene che non facessero.
Sotto questo profilo è opportuno chiarire bene in partenza un aspetto che in questi ultimi anni è stato alla base di non pochi errori anche gravi. Alla base della attuale crisi delle politiche ambientali non vi è –come si è cercato di accreditare con il testo del senato sui parchi- una normativa carente bisognosa ormai di chissà quale manutenzione. Alla base della crisi attuale dei parchi e specialmente delle aree protette marine non vi è la legge 394 ma la sua mancata attuazione da parte soprattutto del ministero. Idem per quanto riguarda la legge sul mare e pure quella per il suolo ossia la 183 finita nelle mani dei Bisignani di turno. E’ la politica in primis nazionale che si è messa sotto i piedi le leggi più importanti di cui il paese si era dotato dopo l’avvento delle regioni per governare le politiche ambientali con la programmazione. Il tarlo non è nelle leggi che pure in qualche caso sono state penalizzate come quando si è tolto al piano dei parchi il paesaggio, ma nelle politiche. Ed è da lì che ora bisogna ripartire perché innanzitutto non sono condonabili le responsabilità politiche e istituzionali. Se delle politiche di programmazione (in questo consiste la governance) oggi non resta traccia non è colpa delle leggi ma di chi le ha ignorate e spesso non rispettate e non solo a Roma.
Negli ultimi tempi ho avuto modo di partecipare come Gruppo di San Rossore a più di un interessante incontro sui parchi e in particolare sulle aree protette marine; in Val di Cornia, a Pisa, alle 5 Terre, a Livorno. Incontri promossi dai parchi ma in qualche caso anche, ad esempio dagli ecologisti democratici del Pd. La prima difficoltà è coinvolgere le persone anche interessate. Certo riescono male pure i comizi in campagna elettorale e non possiamo quindi sorprenderci più di tanto ma preoccuparci sì perché è il segno e la conferma di quanto si siano logorate le cose negli ultimi anni. Sui parchi sono piovute scelte e decisioni le più strampalate, quali privatizzazioni, tagli, idee di accorpare come in Liguria parchi che hanno senso se operano nei loro territori, presidenti che non beccano neppure una modesta indennità come in Toscana e leggi –sempre in Toscana- dove non si riesce da anni a riformare la legge regionale. Dinanzi a questo sconquasso che ha visto ministri proporre l’abrogazione dei parchi regionali e regioni come il Piemonte strapazzarli non si è saputo far di meglio che dare la colpa alla 394. Ho detto più volte e ripeto che se per i comuni o le regioni ( per le province no) ci sono proposte sulla rimessa a punto dei loro ruoli non è così per i parchi. E anche proposte sostenute da qualche associazione ambientalista non vanno nella direzione giusta come quella di aprire gli enti parco a rappresentanze di categoria quando agli enti parco e alle Comunità del parco ossia alle istituzioni competono non gestioni settoriali magari in nome dei portatori di interessi che nelle aree protette sono i cittadini in quanto tali. Sono gli interessi legati all’ambiente, al paesaggio, alla salute riconducibili ai ‘beni comuni’ di cui sono responsabili le istituzioni.
Per questo il nostro impegno come Gruppo di San Rossore è rivolto a favorire un confronto serio su questo problemi con l’ambizione di riuscire anche a mettere a punto precise e chiare proposte.
Renzo Moschini