Affrontare, ovvero anche solo concepire un approccio analitico e critico sul tema del carcere non è facile in quanto considerato un argomento di scarso interesse e viene lasciato agli esperti, ai tecnici, mentre sarebbe opportuno che la società civile fosse parte attiva. Sicuramente nel tempo cambieranno molte cose e il carcere, come lo conosciamo oggi, probabilmente, nei prossimi decenni è destinato a scomparire, ma uno spazio fisico in cui limitare la libertà delle persone che saranno considerate “pericolose” ci sarà. Dopo i fatti di Santa Maria C. V. le condizioni sono peggiorate, occorre ragionare su quale cambiamento, quale ripartenza nel Mondo difficile da ancien régime delle carceri, avere il coraggio di innovare servendosi delle nuove tecnologie, l’intelligenza artificiale (AI), gli algoritmi, i droni, utilizzare speciali strutture robotiche per la ricerca di droghe, gli scanner per far sì che non vengano introdotti cellulari, schermare gli istituti penitenziari.
Ci rendiamo conto che è più facile non guardare, non interessarsi a quel che succede in un carcere, per evitare troppi mal di testa per persone che hanno sbagliato, e pagano con la libertà, per poi scandalizzarsi quando emergono verità scomode. Le parole di Draghi, dette in occasione della sua recente visita nel carcere casertano, sono come rasoi: “Non può esserci giustizia dove c’è abuso e non può esserci rieducazione dove c’è il sopruso”. Il carcere, purtroppo, oggi, viene percepito come un dormitorio, una terra di nessuno, lontano dallo spirito e la volontà dei Padri costituenti.
Per ripartire occorre intervenire sul sistema penitenziario, con quel modello fortemente voluto dalla ministra Cartabia, della giustizia riparativa. Sono precise e chiare le sue dichiarazioni: “Occorre correggere una visione del diritto penale incentrata solo sul carcere, per riservare la detenzione ai fatti più gravi. La Costituzione parla di pene al plurale. La pena non è solo carcere”. Senza rinunciare alla giusta punizione, occorre procedere sulla linea di forme diverse di sanzioni, come, ad esempio, i lavori di pubblica utilità.
L’archetipo è quello sancito dalla Costituzione all’articolo 27 comma 3: le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato, accompagnato dalla tutela dei diritti universali, che vanno sempre protetti, in particolare in un contesto chiuso come il carcere, che vede limitazioni alle libertà. La detenzione come recupero, come riabilitazione, gli istituti penitenziari come comunità, con particolare attenzione alla tutela dei diritti dei più giovani e delle detenute madri; inizio di un nuovo percorso di vita, la seconda chance per ripartire.
Sono dure le parole usate dal GIP casertano, che ha definito quanto accaduto quel 6 aprile 2020 a Santa Maria Capua Vetere una “Orribile mattanza”. Non ci possiamo permettere, non sarebbe tollerabile che si ripetesse una seconda volta, occorre investire nella risorsa carcere, servono nuove videocamere con il potenziamento di quelle esistenti, introdurre le body-cam per chi opera a diretto contatto con la popolazione detenuta, l’utilizzo dei droni, della robotica a supporto e per facilitare il lavoro del personale addetto alla sorveglianza e alla sicurezza interna ed esterna del carcere, applicare le nuove tecnologie di AI (intelligenza artificiale), gli algoritmi.
Occorre trovare la soluzione al problema del sovraffollamento, con una nuova visione, abbandonando il paradigma della costruzione di grandi carceri (dove i tempi sono di 10 se non di 20 anni). Occorre programmare il rinnovo delle strutture materiali, servono interventi normativi, potenziare e migliorare la formazione ed il benessere del personale. Garantita la sicurezza, trovata la quadra al sovraffollamento, occorre ripartire mettendo al centro del mondo penitenziario la rieducazione e la riabilitazione del condannato, “core business” e “mission” del carcere, sancito dalla nostra Costituzione.
Su Wikipedia, l’enciclopedia online multilingue, gratuita, nata nel 2001, che viene utilizzata ogni giorno da milioni di persone, alla voce Poggioreale riporta: “il carcere peggiore d’Italia, sia per i diritti umani che per il degrado”. Il cambiamento passa dalle dismissione di carceri come San Vittore a Milano, Regina Coeli a Roma, Poggioreale a Napoli, concepiti e costruiti nella seconda metà del 1800 primi 1900, oggi inadeguati, vetusti, i cui costi di manutenzione e mantenimento sono insostenibili, anti economici. Il carcere 4.0 del XXI secolo nel dopo pandemia di Covid-19 deve essere un luogo dove i detenuti lavorano, studiano, hanno spazi per il tempo libero e rientrano in cella per la notte, concepito come casa, con un numero massimo di detenuti, con spazi adeguati per il lavoro, lo studio, il tempo libero, sostenibile ecologicamente, digitalizzato, cablato, per tenere corsi a distanza dei detenuti, per la videosorveglianza, la telemedicina, la robotica, l’AI (intelligenza artificiale), fare da subito quegli interventi strutturali non più dilazionabili: basti pensare che in alcune carceri ci sono ancora bagni alla turca, impianti di riscaldamento e idrici non adeguati (solo come esempio, ancora oggi, a Santa Maria C. V. l’acqua viene prelevata dai pozzi e distribuita in taniche di plastica), mancano sistemi di raffreddamento degli ambienti nei mesi estivi, le stanze per i colloqui con i familiari e gli avvocati permangono in stato di incuria. Oltremodo, non si deve dimenticare quel salto di civiltà, tanto auspicato da molti, che si avrebbe con la creazione di spazi per l’affettività, attualmente inesistenti.
Infine, ma non per ultimo, la riforma del sistema penitenziario, che il premier Draghi e la ministra Cartabia hanno dichiarato di voler portare a termine in tempi brevi, in occasione della loro visita storica a Santa Maria Capua Vetere (la prima volta di un Premier e del Guardasigilli assieme in un carcere): compito impegnativo, di non facile mediazione tra le forze politiche disomogenee, che formano attualmente il governo, con visioni discordanti, se non opposte.
Enzo Sossi
(funzionario penitenziario CR Porto Azzurro)