Penso che ci siamo praticamente. La grande scommessa di Mario Draghi con infrastrutture multimiliardarie, spesa sociale e programmi per il clima potrebbe essere premiata a cominciare dal G20 a Roma, dove è il padrone di casa, e proseguire al COP26 a Glasgow. Il primo si terrà in Italia il 30 e 31 ottobre, il secondo in Scozia dal 1 al 12 novembre. I lavori ruoteranno intorno a tre grandi temi: l’emergenza Covid-19, in particolare la questione dei vaccini, la crisi climatica e la ripresa globale post-pandemia. Appuntamenti cruciali, in quanto i Paesi e le parti coinvolte dovranno concordare come seppellire la loro diffidenza e come fare ripartire l’economia mondiale nel dopo pandemia, indirizzare la spesa per l’assistenza sanitaria, l’istruzione e i programmi contro la povertà, presentare piani più ambiziosi per tagliare le emissioni e invertire la rotta sul cambiamento climatico. Draghi non può presentarsi a mani vuote. Questo è ciò che il presidente del Consiglio sta dicendo sulle dimensioni e la forma del Piano nazionale di ripresa e resilienza multimiliardario e sui piani di spesa. Entrambe le misure supportano l’impegno dell’Italia a guidare la rinascita nel dopo pandemia di Covid-19 e nel cambio di rotta al catastrofico riscaldamento climatico. Ha guardato le persone negli occhi e ha detto che il prestigio dell’Italia è in gioco, ha bisogno di sentire le categorie, confindustria, i sindacati, preparati per il rilancio del Paese, con la ferma volontà di svolta verso le fonti rinnovabili, la green economy, per rappresentare l’Italia all’estero. Se Draghi arriva al vertice di Roma e poi a Glasgow con promesse vuote non supportate dal Paese, altre grandi nazioni potrebbero non avere incentivi ad agire, ciò renderebbe il G20 e il COP26 un disastro e rivelerebbe l’Italia di Draghi poco attendibile. Per portare a termine la sfida bisogna incoraggiare il Paese con la campagna vaccinale, la costruzione/ricostruzione di infrastrutture, investire nel digitale 5.0, nelle fonti rinnovabili, lasciando il fossile, che tanti danni ha provocato e sta provocando al nostro ecosistema: non abbiamo un pianeta B. Infine, ma non per ultimo, portare a termine entro il 2026 quanto previsto dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, trovare un altro modo per spingere il Paese a ridurre le emissioni nocive per l’ambiente al 50-52% dei livelli del 2005 entro la fine del decennio. Nel primo caso, se non ci riusciamo, la prospettiva è la bancarotta; nel secondo, un’opzione è la tassa sulle emissioni nocive, una specie di Carbon Tax, ma le tre lettere t-a-x tendono a fare scappare i politici e rizzare i capelli in testa agli imprenditori. Tuttavia gli incombenti colloqui di Roma e Glasgow sembrano sempre più fare da guida al compromesso tra progressisti e moderati. I leaders dei Paesi occidentali pensano di avere la probabilità di raggiungere una serie di accordi. Come dicono gli analisti internazionali: è tutto su questo tema, si tratta di Roma e Glasgow.
Enzo Sossi