Un anno dopo il suo tentativo di colpo di stato, l’ex presidente Donald Trump controlla il Partito Repubblicano più forte che mai. E’ un segno del notevole culto della personalità di Trump e del vorace desiderio di potere del suo partito. E’ anche un commento sullo stato della democrazia americana che lui ed i suoi seguaci hanno passato l’ultimo anno a dissacrare. Le implacabili bugie di Trump e la genuflessa industria dei media conservatori hanno convinto milioni di suoi sostenitori che il presidente Joe Biden ha rubato le elezioni.
I governatori degli stati repubblicani hanno utilizzato questa menzogna per approvare modifiche alla legge elettorale che in tale modo renderebbero anche più facile per un demagogo come Trump rubare le prossime elezioni presidenziali.
Ancora oggi è difficile credere a quello che è successo un anno fa. Un presidente degli Stati Uniti ha rifiutato di ammettere la sconfitta in elezioni libere ed eque, convocando una folla a Washington per dire loro di combattere per tenerlo al potere – nello stesso momento che il Congresso si riuniva per certificare la vittoria del successore. Alla fine il sistema costituzionale degli Stati Uniti ha resistito e il nuovo presidente si è insediato a mezzogiorno del 20 gennaio.
Successivamente, i repubblicani hanno cercato di imbiancare la storia, in particolare tornando sull’accordo della commissione bipartisan per indagare su quanto avvenuto quel 6 gennaio. Un senatore repubblicano ha affermato che la folla si è comportata proprio come i turisti e Trump la descrive come amorevole.
La verità non può nascondersi. I filmati televisivi mostrano come i sostenitori di Trump hanno assalito gli agenti di polizia, si sono fatti strada a Capitol Hill e hanno profanato i simboli della democrazia.
Per quanto Trump ed i suoi scagnozzi cerchino di cancellarlo, il 6 gennaio rimane nella psiche politica come il punto più basso per la democrazia americana, il tentativo di colpo di stato, una pagina oscura da cui trarre insegnamento per il futuro.
Enzo Sossi