Forse non tutti sanno (o ricordano) che il Mediterraneo, nella sua lunghissima storia geologica, ha subito vari cambiamenti, sia areali che batimetrici (profondità delle acque) fin dai tempi dalla formazione avvenuta diverse decine milioni di anni fa per complesse dinamiche tettoniche tra Africa ed Europa.
In quel poderoso, tormentato e agli occhi umani inesauribile contesto geodinamico, nacquero le Alpi e gli Appennini, le isole maggiori, l'Arcipelago delle Baleari, l'arco insulare delle Eolie e... il nostro Arcipelago Toscano.
Un paesaggio, quello mediterraneo che oggi conosciamo, nato in diverse fasi all'interno di una grande evoluzione della superficie del pianeta... ancora in atto. Come si fa dire che quelle dinamiche siano ancora attive? Ascoltiamo i commenti scientifici che descrivono qualsiasi terremoto e ce ne faremo un'idea.
Tra le ultime "recenti" e importanti fasi attraversate dal Mare Nostrum, si deve ricordare quel periodo passato alla sua storia geologica come "Crisi salina del Mediterraneo" o "Crisi di salinità del Messiniano" (M.S.C. Mediterranean Salinity Crisis) avvenuta appunto nel periodo (più tecnicamente definito "piano") geologico Messiniano, a cominciare da poco meno di sei milioni di anni fa.
Accadde infatti che, per naturali (e non geolopitiche) cause, lo Stretto di Gibilterra si chiuse. Le dinamiche di questo sbarramento rientrano e sono parte dell'anzi accennata evoluzione dell'area mediterranea.
Nell'arco di quella temporanea chiusura, durata circa seicentotrentamila anni, le acque atlantiche rimasero escluse all'accesso e scambio col Mediterraneo, causando progressivamente il prosciugamento di quest'ultimo.
Per l'interruzione della regola dei vasi comunicanti infatti, e da lì in poi per la conseguente evaporazione delle acque di quello che divenne provvisoriamente il nostro immenso lago mediterraneo, sui fondali si depositarono enormi quantità di sali (precipitati per saturazione delle acque) divenuti nel tempo rocce che i geologi chiamano, non a caso, Evaporiti: Dolomia, Calcite, Gesso, Halite (conosciuto meglio come salgemma).
Sembra strano a credersi dato che le acque mediterranee sono - e lo erano in qualche modo anche nel Miocene - implementate anche da apporti continentali (fiumi) e non solo dall'Atlantico. Si potrebbe in prima battuta, un po' semplicisticamente ritenere che il Mediterraneo sia - e sia stato - in qualche modo autosufficiente, autoalimentato dalle terre continentali che lo circondano. In realtà le cose non stanno così essendo il Mediterraneo un mare (per i geologi tecnicamente un oceano) cosiddetto deficitario, il che significa che il tasso di evaporazione delle acque è maggiore di quanto gli provenga dal riversamento di acque superficiali. Questo fatto causò nel Messiniano un eccezionale abbassamento del livello marino fin quasi (il dato non è certo) al disseccamento. Più probabilmente si potrebbe immaginare un'immensa area lagunare, con estesissime aree emerse che per niente potrebbero ricordare le attuali linee di costa.
Nessun Arcipelago Toscano quindi, continuità territoriale assicurata senza traghetti per l'Homo (ancora di là da venire!), nessuna necessità di pensare al Ponte sullo Stretto di Messina... ma non solo.
E allora andiamo avanti.
L'idea di questa straordinaria continuità territoriale "piacque" quasi sei milioni di anni dopo il M.S.C. ad un Architetto (Sapiens) germanico, tale Herman Sorgel, esponente del Buahaus (scuola d'arte in Germania attiva nel periodo storico-culturale della Repubblica di Weimar) che nel 1927 (come dire dal Messiniano all'Antropocene) ebbe la visionaria idea di ricreare, anche se non così vastamente ma "limitandosi" ad una non insignificante espansione delle linee di costa, le mioceniche condizioni. Della serie: abbasso il livello del mare, aumento la superficie emersa, creo ponti continentali, rendo disponibili circa 600.000 kmq da destinare all'agricoltura (?), produco energia elettrica.
Come?
Per farlo ritenne necessario erigere due ciclopiche dighe: una sullo Stretto di Gibilterra e una sullo Stretto dei Dardanelli col duplice scopo di chiudere l'apporto di acqua rispettivamente dall'Atlantico e dal Mar Nero. Su di esse Sorgel pensò di poter costruire due immense centrali idroelettriche.
Nel volgere di alcuni decenni Sorgel aveva immaginato che l'evaporazione del Mediterraneo, chiuso dalle dighe, avrebbe raggiunto un livello 100 metri più basso dell'attuale, creato un ponte continentale in corrispondenza dello Stretto di Messina e avvicinato notevolmente la costa siciliana a quella tunisina consentendo qui la costruzione di una terza diga italo-tunisina e creando così due mediterranei, uno occidentale e uno orientale. Il livello di quest'ultimo sarebbe poi stato ulteriormente abbassato di altri 100 metri in modo da consentire la costruzione di una terza centrale idroelettrica ed espandere altre terre emerse.
Tra gli obiettivi di Sorgel, infatti c'era la produzione di enormi quantità di energia elettrica, la creazione di aree emerse da bonificare e utilizzare, oltre quella, forse la principale, di velocizzare e incrementare gli spostamenti degli europei verso l'Africa, un'ottica evidentemente colonialistica, partecipando alla Lebensraum, ossia "lo spazio vitale". Tra le previsioni va ricordata una linea ferroviaria diretta che avrebbe collegato Berlino a Città del Capo.
Risultato finale del progetto: "costruire" un unico continente Euro-Africano che egli chiamò Atlantropa (con l'accento vocale sulla o).
I giornali del tempo qualificarono l'idea - ovviamente - in vari modi, a seconda del pessimismo o dell'entusiasmo che intendevano trasmettere: da progetto irrealizzabile a utopia fantastica, da bizzarro sogno tedesco - il nazismo però in questo caso non c'entrava nulla - a (più recentemente) disastro ecologico. Questa ultima valutazione mi parrebbe unanimemente la più condivisibile... ma è solo una mia attesa.
Adriatico cancellato quasi interamente, Corsica e Sardegna unite, Stretto di Messina cancellato e con esso l'idea del relativo ponte, resa (ulteriormente) inutile.
Anche se Sorgel aveva pensato di salvare Venezia portandogli acqua con un canale dallo Ionio - la più prossima nuova linea di costa distante circa 400 km da Venezia - probabilmente la città meraviglia del mondo sarebbe scomparsa quale città lagunare. Proviamo a immaginare questo canale che alimenta le calli... ammesso che l'acqua vi arrivi, e poi?
E cancellato sarebbe stato anche il sostantivo Arcipelago nel caso e nel senso del Toscano, sostituito dal ritorno alla Tyrrhenis del Charles Immanuel Forsyth Major (1843-1923 paleontologo), una terra molto estesa che radunava isole toscane e contermini aree marine in una maggiore terra emersa.
Abbastanza facile immaginare le conseguenze ambientali, biologiche, climatiche e geomorfologiche dato l'enorme stravolgimento territoriale conseguente. Accennando appena a queste ultime (geomorfologiche, che più sento per formazione), la prima conseguenza che mi viene in mente - e non è certo l'unica - è quella relativa allo spostamento e abbassamento del livello di base (il mare) verso cui confluiscono le acque di superficie, con una ovvia reincisione dei corsi d'acqua fino al raggiungimento di un nuovo equilibrio (la c.d. normalizzazione del profilo longitudinale), e l'inevitabile innesco di erosione, rimodellamenti del paesaggio, e frane... delle quali non avvertiamo un gran bisogno.
Pensiamo alla valle di Pomonte, il cui attuale abitato diventerebbe un "terrazzo". Pensiamo al Golfo di Portoferraio, piatto e reinciso dal Fosso della Madonnina. E proviamo a immaginare la meravigliosa Darsena Medicea declassata a civica piazza. Marciana resterebbe Marciana, Marciana Marina sarebbe probabilmente necessario rinominarla (ad esempio) "Marciana Media" tagliata in due terrazzi-relitto dal Fosso della Nivera, con la Nuova Marciana Marina da ricostruire completamente chissà dove.
A dirla tutta però... qualcosa di simile era accaduto anche 20.000 anni fa, durante l'acme Wurmiana, l'ultima glaciazione, quando il livello del nostro mare era circa 120 metri più basso di oggi. Umanamente eravamo nel Paleolitico Superiore, non esisteva ancora nulla di costruito, non c'erano città e porti, strade e altre infrastrutture, l'uomo scheggiava pietre, i corsi d'acqua incidevano aree oggi sommerse. Attuando il progetto di Sorgel i corsi d'acqua avrebbero avuto anche via facile nel riprendersi gli antichi letti allungati, cancellati dal sovralluvionamento conseguente al miglioramento climatico post-glaciale. Un po' come chi, frugando in soffitta, trova un vecchio paio di pantaloni risalenti alla giovinezza, e prova rientrarvi dentro.
Ogni lettore, se ne ha tempo e voglia, aggiunga immagini-immaginabili di isole non più isole, strade dritte tra Cavo e Piombino, porti turistici protesi verso la Corsica... in un periodo che non conserva o contempla niente del Paleolitico, se non nei musei e nella storia dell'uomo.
Il progetto di Sorgel altro non è, per concludere, che una delle tante idee (in questo caso davvero molto grossa) di Homo Sapiens(?): che il nostro pianeta sia "un oggetto" qualsiasi a totale, palesemente certa, indiscutibile disposizione dell'uomo, un luogo dove sostantivi come natura, ecologia, ambiente... semplicemente non esistono.
Benvenuti ancora una volta nell'Antropocene.
Nicola Gherarducci