Non ho mai avuto come in questo momento la sensazione che la sanità elbana sia chiusa in trappola, vittima della diffusa mancanza di trasparenza, di un programma di tagli tanto indiscriminati quanto iniqui (dove le responsabilità di decisioni di livello nazionale non sono affatto distribuite a livello ragionale con criteri meno sommari) ma anche della nostra miopia che rischia di divenire cecita` di fronte ad un po’ di fumo negli occhi.
Non mi sono mai permessa neanche di pensare di sostituirmi a professionisti del settore nell'indicare gli organigrammi dei reparti ma ho sempre invocato - oggi fuori ma a suo tempo nelle sedi istituzionali - l’approvazione di quel Piano Socio Sanitario Regionale che avrebbe dovuto sancire e mettere in cassaforte quell’insularità oggi cancellata insieme a qualsiasi criterio che ci possa portare in salvo da quei maledetti numeri, che nessuno ha saputo o voluto rileggere nonostante le manifestazioni e le lettere al Presidente della Repubblica.
Questo è il mestiere della politica: spezzare quel fatalismo che porta a pensare che le cose " succedano" e saperne al contrario indirizzare i percorsi.
Ed oggi - confermato l’obbligo della Regione di compiere le proprie scelte nel rispetto dei principi costituzionali a tutela della salute ma anche di quel principio di uguaglianza che da solo basterebbe a garantire una deroga in ragione delle nostre "diverse" condizioni di vita - prima della tutela giudiziaria c'è solo il tentativo di un'azione politica unitaria che coinvolga anche le forze sociali e sindacali.
Queste ultime rischiano di essere le prime vittime di una subdola e graduale privazione delle condizioni di lavoro che oggi “sempre secondo il Decreto Balduzzi” potrebbe essere la definitiva condanna del nostro ospedale: la mancanza di strumenti e di condizioni per consentire il rispetto dei protocolli - obbligatorio e fonte di responsabilità penale -nei vari reparti potrebbe portare addirittura a rendere illegittimo il contratto di lavoro del personale medico!
Ma cosa stiamo aspettando?
Forse non è troppo tardi ma occorre centrare l’obiettivo e con la stessa determinazione fermare tali azioni sul loro stesso terreno perché fino a prova contraria siamo ancora in uno stato di diritto.
La Regione Toscana abbia il coraggio e la responsabilità di fare la più giusta e sacrosanta delle differenze.
Paola Mancuso