“Io non penso che Putin sia il maggiore nemico che noi abbiamo di fronte in questo momento. Il nemico più mostruoso che sta di fronte a noi è la guerra. La guerra è mostruosa». Ospite di Corrado Formigli a «Piazzapulita», Michele Santoro si scopre filosofo: è irrilevante che un dittatore abbia invaso un Paese democratico, il mostro da sconfiggere risiede nell’iperuranio, è l’idea astratta di «guerrità»”.
Queste parole di Aldo Grasso, critico televisivo del “Corriere della Sera”, sul suo giornale il 3 aprile, sono emblematiche del dibattito attuale sulla guerra Russo-Ucraina. L’infinità di immagini drammatiche trasmesse dai media non riesce a fermare il bisogno di avere prima di tutto un nemico contro cui schierarsi: in questo caso, è più rilevante “che un dittatore abbia invaso un Paese democratico” della tragedia della guerra in atto, che per Grasso è “idea astratta”. Con lui, ogni giorno, a distesa, la stampa ci informa che sono i Russi gli invasori -cosa di tutta evidenza-; ma anche che la guerra produce vittime umane e danni materiali, che le bombe fanno grosse buche e sventrano palazzoni, che mancano progressivamente viveri e beni di consumo, che le scuole chiudono, ecc.: tutto questo sarebbe “astratta guerrità”, appunto. Con stupore apprendiamo che in guerra c’è la legge marziale (chi sa perché si chiamerà cosi, altrimenti), e sono limitate le libertà di stampa e di espressione; e che le parti coinvolte sono impegnate in una poderosa azione di propaganda interna ed estera. Altrimenti cosa altro è la guerra?
Grasso non ha dubbi: non è la guerra il nemico mostruoso, è Putin. E se per sconfiggere lui, il vero nemico, bisogna fare la guerra, incrementare lo sforzo bellico, fornire più armi di distruzione agli Ucraini invasi, cioè incrementare il numero di vittime umane e l’entità dei danni materiali, fare ancora buche e sventrare palazzoni, vedere per le strade corpi dilaniati di adulti e bambini, purché il dittatore sanguinario venga sconfitto con la sua Russia -17.864.345 kmq contro i 576,628 kmq dell’Ucraina-, allora i veri democratici non devono avere esitazioni. Tanto poi la guerra la fanno gli Ucraini -44 milioni- (ai Russi -145 milioni-), e tutto quel che si vede di morte e distruzione avviene lassù lassù -vicino al nostro cuore ma abbastanza lontano dalle vite nostre e dei nostri bambini, dalle nostre case, dalle nostre scuole, dalle nostre strade. Dalle nostre chiappe-.
Grasso non è solo. L’esercito giornalistico degli “armiamoci e partite” è bello forte e numeroso: compatte le principali testate cartacee, con qualche eccezione che propone più incertezze -Manifesto, Foglio, Fatto Quotidiano-; schieratissime quelle televisive, con l’ausilio dei Talk show, e profusione di immagini che mostrano l’orrore della guerra e tuttavia ne suggeriscono il necessario incremento. Insieme a questo non manca il contributo degli “specialisti” anche un po’ estemporanei, che nel furore della necessità di schierarsi da una o dall’altra parte -ma più da una, per la verità- trascurano l’originaria vocazione a utilizzare letteratura, storia, filosofia, scienze umane, economiche, politiche, statistiche per cercare di capire e far capire la complessità delle vicende presenti; e scivolano rapidamente nella più semplice e ormai imperante dicotomia che Andy Luotto proponeva già nell’“Altra Domenica” di Arbore: “Buono/No buono”. Oltre quarant’anni fa.
Chi non manifesta granitiche certezze è un traditore o un cialtrone. Chi per storia personale, per meriti culturali o civili, per profondità di ragionamento non può essere liquidato -il Papa, per tutti-come Santoro da Grasso, è un “si sa, lui è così, è vox clamantis in deserto, vive in una realtà tutta sua”. L’iperuranio appunto.
Per il resto, più aiuti, più armi, più consigli, più metafore, più iperboli -segnalo un interessantissimo intervento di Stefano Bartezzaghi su “Repubblica” (04.04) a questo proposito-, più solidarietà, a distanza.
Poi ci sono quelli che vanno a portare aiuti concreti, a prendere gli sfollati, ad alleviare le sofferenze che la guerra ha prodotto, produce e produrrà. Come quasi sempre nelle sventure la generosità è capace di miracoli. A questi va tutto il rispetto e la gratitudine. Ma auspicherei che anche a loro si potesse promettere di non incrementare la necessità dei loro interventi, cioè che ci si impegnasse a farla finire al più presto questa guerra. Poi, a guerra finita, ad armi silenti, a cieli liberi da paure, dopo aver asciugato gli occhi e scacciato il timore per la vita, ci sarà da ricercare la giustizia, da costruirla la pace, e da ritrovare le motivazioni per affrontare il futuro. Speriamo in modo differente da quello adoperato nelle martoriate regioni dell’Africa continentale e mediterranea (Libia), nel Medio Oriente palestinese, giordano, libanese, siriano, yemenita, iracheno, afghano, curdo; o nelle terre più lontane dell’Oriente… Perché le numerose “guerre giuste” combattute nei “settantasette anni di pace” seguiti alla fine della Seconda guerra mondiale -anche la pace si misura sempre con i chilometri che ci separano dai teatri di guerra- sono state dimenticate prestissimo, appena hanno perduto l’interesse immediato dei partecipanti, spostatosi su altri scacchieri, e ben prima che si procedesse a ripristini e risarcimenti sempre promessi. A costruire la pace dopo aver distrutto tutto.
E magari aprendo bene gli occhi nella nebulosa realtà. Per intendersi del tutto: non nutro una particolare simpatia per Michele Santoro e per il suo modo di fare giornalismo -che ha fatto scuola, ahimè!, come ricorda anche Grasso-. Ma concordo del tutto con la sua affermazione che “il nemico più mostruoso che sta di fronte a noi è la guerra. La guerra è mostruosa”. La pace si fa solo con la pace. Di solito apprezzo la critica televisiva di Grasso che trovo acuta e divertente: non commetta l’errore che attribuisce a Santoro, di farsi filosofo.
Questa guerra, del resto, a mio avviso -al di là di quel che appare e di quel che tragicamente accade-, non è propriamente fra Russia e Ucraina: è un conflitto “per interposta persona” fra Stati Uniti e Unione Europea, che ha il fine di impedire che l’Unione Europea si emancipi dalla soggezione ormai quasi secolare dagli Stati Uniti, magari per cercare partner alternativi che permettano di sperare in una condizione paritaria nella gestione della politica e dell’economia mondiale. E gli Stati Uniti l’hanno già vinta, radunando intorno a sé i velleitari transfughi. Se questo è plausibile -ma non ne sono affatto certo- si vedrà nei decenni a venire. Lasciamo Russia e Ucraina a cercare una pace sicura e a gestire i loro complicati rapporti, senza che si sentano spalleggiati o avversati dall’esterno. Smettiamo di giocare a fare i democratici liberali antidittatori antioligarchi a casa d’altri, quando forse ce n’è bisogno anche in casa nostra, nella nostra Europa. Smettiamo soprattutto di giocare a fare la guerra col c..o degli altri.
Luigi Totaro