Sono passati sei anni dal referendum sulla Brexit. A Londra dall’estate scorsa vi è un ondata di scioperi. Boris Johnson è stato costretto a dimettersi da Primo Ministro. Il successore, Liz Truss dopo 45 giorni ha fatto la stessa fine. La Gran Bretagna attraversa uno dei momenti politici più difficili della sua storia, la Brexit ha lasciato il Paese più povero di prima, inaugurando un’era di follia politica che sta per produrre un quarto primo ministro in poco più di tre anni. Il Paese è scosso dal livello di inflazione più alto tra i G7 e da una minacciosa recessione. L’ex inquilino di Downing Street, Boris Johnson, sognava un regno liberato dai vincoli di Bruxelles, rivolto verso gli Stati Uniti. Dopo la Brexit la libera circolazione di persone e merci non si applica più e i controlli sono stati ripristinati. L’Unione europea continua ad essere il primo mercato per l’economia britannica mentre per le importazioni il Regno Unito ha diversificato le sue fonti e cercato nuovi partner fuori dal Vecchio Continente. Gli Stati Uniti e la Cina sono diventati i principali fornitori delle industrie britanniche. La Brexit ha avuto effetti anche sul mercato del lavoro. La Gran Bretagna manca di manodopera. Un fenomeno causato dalla pandemia, da milioni di stranieri che hanno lasciato il Paese, non ci sono più gli operai polacchi e rumeni. I lavoratori scarseggiano in settori importanti dell’economia come alberghi, ristoranti, agricoltura e di camionisti che ha causato difficoltà di approvvigionamento dei supermercati e delle stazioni di servizio. Poi la guerra in Ucraina e l’economia britannica ha cominciato a risentire le conseguenze della Brexit. Il progetto ambizioso che doveva permettere al Regno Unito di primeggiare nel mondo senza l’Europa, grazie alle sue ex colonie e al Commonwealth e di conquistare nuovi mercati in Asia non è decollato. Con l’uscita dall’Unione europea, Boris Johnson aveva scommesso sul potenziale economico di Canada, Australia, Nuova Zelanda e Londra sperava anche di convincere l’India. Per ora il nuovo corso non ha ottenuto i risultati economici attesi. Poi si è complicato il trattato di libero scambio con gli Stati Uniti. Il presidente Joe Biden non vuole favorire il Regno Unito a discapito dell’Unione europea. Inoltre, la Gran Bretagna vuole mantenere lo status di grande potenza internazionale. I suoi punti di forza: è uno dei cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’ONU, dispone di una rete di territori d’oltremare e basi militari che gli assicurano una presenza in regioni strategiche. Le ambizioni britanniche si scontrano con la realtà geopolitica. Il Regno Unito è stato il primo ad inviare armi a Zelensky, ma è silenzioso sul dossier Ucraina. In questa situazione di forti minacce in Europa, la Brexit pare essere uno svantaggio, se non un errore storico, nel momento in cui l’Unione europea ritrova la sua dimensione iniziale, quella di un’alleanza per la pace e la democrazia molto seducente, poiché aderirvi sembra essere una priorità per l’Ucraina e la Moldavia. Tuttavia, il Regno Unito è diventato un’isola e cerca di funzionare senza l’Unione europea, scommettendo verso il suo ex impero, l’Indo-Pacifico e gli Stati Uniti, ma ha ancora bisogno dell’Europa, in particolare nel settore economico, soprattutto nell’ambito della guerra scatenata in Ucraina dalla Russia di Vladimir Putin. Con l’enigma di sapere se l’opinione pubblica britannica rimarrà in maggioranza favorevole alla sua insularità o se, con il tempo, potrebbe rimpiangere i vecchi legami con l’Europa.
Enzo Sossi