Il presidente della Repubblica del Mozambico, Filipe Nyusi, ha annunciato che il suo Paese ha ufficialmente iniziato ad esportare gas naturale liquefatto (GNL) prodotto dall’impianto offshore Coral Sul, gestito dalla compagnia italiana Eni, al largo della costa nord, dove sono in corso ancora scontri tra l’esercito e i ribelli jihadisti degli al-sheebab.
Anche se in realtà ad aver fatto tutto il lavoro sono multinazionali energetiche come Eni e che di questa immensa torta al Mozambico restano un po’ di royalities, qualche mancia e iniziative di greenwashing ambientale e sociale, Nyusi ha affermato che «E’ con grande onore che annuncio l’inizio della prima esportazione di gas naturale liquefatto. Un tanker, il “British Sponsor”, sta lasciando le acque del Mozambico per il mercato internazionale. Oggi il Mozambico entra negli annali della storia mondiale come uno dei Paesi esportatori di GNL».
Il Mozambico ripone grandi speranze sui vasti giacimenti di gas naturale, i più grandi mai trovati a sud del Sahara, scoperti nella provincia settentrionale di Cabo Delgado nel 2010 e che lo potrebbero far diventare uno dei 10 maggiori esportatori mondiali di GNL. Ma, subito dopo che è stata rivelata la presenza di questi giacimenti il Paese è stato colpito da una sorta di maledizione delle risorse: è scoppiata un’insurrezione condotta da militanti legati allo Stato Islamico provenienti anche dalla Tanzania che ha messo in dubbio la possibilità di gestire in sicurezza le esplorazione dei giacimenti di gas e che ha a lungo bloccato i progressi per il loro sfruttamento. Una guerra che, secondo l’ONG ACLED, negli ultimi 5 anni ha fatto più di 4.100 morti, decine di migliaia di feriti e centinaia di migliaia di profughi.
Poi, come la nemesi del cambiamento climatico innescato dai combustibili fossili, la provincia di Cabo Delgado e la costa nord del Mozambico sono state colpite da una serie di giganteschi cicloni che non si erano mai visti prima e che hanno fatto vittime e danni incalcolabili dai quali la popolazione non si è ancora ripresa.
Questa prima spedizione di GNL avviene nell’ambito di un accordo di acquisto a lungo termine firmato con il colosso britannico British Petroleum (BP), socio in affari di Eni in Mozambico.
Secondo i dati dell’International energy agency, (Iea) la produzione di Coral Sul FLNG, la struttura offshore che produce GNL operata da Eni e inaugurata il 3 gennaio, dovrebbe essere di 3,37 milioni di tonnellate di gas naturale liquefatto all’anno, che equivale al 77% dell’estrazione annuale di gas naturale in Mozambico nel 2020. Un investimento tecnico ed economico enorme fatto per realizzare guadagni altrettanto enormi, non certo per mantenere i combustibili fossili sotto terra o sotto il fondale marino, come richiederebbe l’Accordo di Parigi,
Nel 2012 in Mozambico era stato scoperto il giacimento di gas nel bacino di Rovuma, stimato in circa 4,5 miliardi di m3. Nel 2017 il governo mozambicano ha firmato un accordo per il suo sfruttamento con il Mozambico Rovuma Venture SpA, una joint venture tra ExxonMobil, Eni e la cinese CNPC, la cui partecipazione al progetto è del 70%. Allo stesso modo, la compagnia statale mozambicana ENH, la GALP portoghese e la KOGAS sudcoreana hanno ciascuna una quota del 10%.
Ecco, guardando dal Mozambico verso Piombino, Ravenna e qualche porto italiano si capisce meglio perché l’arrivo dei rigassificatori in Italia era già scritto da molto prima che iniziasse la guerra in Ucraina e perché la guerra in Ucraina è stata l’occasione inattesa per sbrigare in maniera spiccia ed emergenziale una faccenda che in tempo di pace avrebbe richiesto ben altra strategia, pazienza e prudenza politica. Si capisce perché dal Mozambico a Piombino si sia saldato un accordo bipartisan fatto di non detto e di greenwashing e blackwashing politico e gioco delle parti istituzionale a Piombino, Firenze, Roma e Bruxelles.
Il sovranismo energetico italiano con il gas di Cabo Delgado, altro che quelle 4 gocce di gas italiano da trivellare nell’Adriatico scosso dal terremoto!
Umberto Mazzantini da greenreport.it