Fa piacere che il Parco, giustamente e correttamente, voglia trovare una soluzione alla mancanza di controllo in cui versa l’isola di Giannutri, isola che ricade all’interno del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano. Non credo però che modificando le norme tecniche di attuazione e dando alle zone 1 e 2 nomi simili a quanto si fa quando si istituisce un’area marina protetta sia la soluzione.
Voglio però, subito essere chiaro: sono 20 anni cioè da quando mi occupo di Giannutri come responsabile di Legambiente Arcipelago Toscano che chiediamo l’istituzione dell’Area Marina Protetta dell’Arcipelago Toscano che aspetta ormai da 41 anni, cioè dalla legge n. 979 del 1982, di essere istituita. Così come sono 20 anni che chiediamo che vengano protette le zone del Golfo dello Spalmatoio e di Cala Maestra che oggi vengono prese d’assalto giornalmente da centinaia e centinaia di imbarcazioni che si ancorano spesso a pochi metri dalla costa e quasi sempre sulla prateria di Posidonia oceanica.
Sarei anche d’accordo, nella speranza che prima o poi l’area marina protetta dell’Arcipelago Toscano venga istituita, che si cambino le norme tecniche di attuazione del Piano del parco in modo tale che venga, in maniera chiara, vietato l’ancoraggio nella zona 2, o come la si vorrà chiamare, a patto però che non lo si faccia diminuendo l’area protetta a zona 1 cioè quella a tutela integrale perché allora questo significherebbe solo una cosa e cioè che si vuole diminuire la protezione a Giannutri e non aumentarla. Bisogna fare di tutto perché questo non avvenga, anche per rispettare gli accordi sottoscritti dall’Italia all’Onu e per attuare le normative europee approvate dal nostro Paese.
Tutto ciò comunque non risolverebbe il problema dell’illegalità che esiste a Giannutri, dove a regnare sono solo e soltanto i furbi. Le regole infatti, in parte già esistono.
Faccio solo un esempio: i diving hanno a disposizione per le immersioni subacquee 9 boe posizionate intorno all’isola (sono stati spesi dei soldi pubblici per fare questo campo boe). Dovrebbero accreditarsi presso il Parco, pagare per l’utilizzo e prenotare la boa dove verrà fatta l’immersione e indicare il tempo in cui rimarranno ormeggiati (il modello è quello che funziona benissimo a Pianosa). Quasi nessuno le utilizza e la maggior parte preferiscono ancorarsi liberamente spesso buttando l’ancora sul fondale roccioso a 1 metro di profondità o sulla posidonia oceanica (ormai sono decine le denunce fatte come gruppo Legambiente Giannutri in questi 20 anni di attività). Se quindi il campo boe per i diving esiste già perché non si rispettano le regole? Perché a Giannutri nessuno controlla.
La Capitaneria di Porto è a Santo Stefano, quindi lontana e ha pochi mezzi. I carabinieri forestali non hanno un gommone e quindi non possono intervenire. In zona 2 non ci sono le telecamere del Parco e quindi non può essere registrato alcun atto illegale.
Il problema è tutto qui e se si vuole essere credibili è il problema della sorveglianza a Giannutri il tema che deve essere affrontato. Prima di tutto prima di ogni cosa.
Emanuele Zendri
Responsabile Giannutri
Legambiente Arcipelago Toscano