Il problema di chi fa finta che non esista l'overtourism all'Elba si fa grave quando si entra in tema ambientale. E anche qui pesa il fatto che i comuni non abbiano la minima idea su alcun progetto che coniughi turismo e ambiente.
La promozione turistica punta sul fattore ambientale dell'isola. E fa benissimo. Ma questo non significa “vai dove vuoi e fai un po' come cazzo ti pare”. Ho già scritto che la rete stradale elbana è stata sovradimensionata da scelte passate, e che sarebbe il caso che alcune strade non venissero più adibite al traffico motorizzato.
Il problema dei parcheggi è costantemente sollevato da chi si limita ai discorsi da bar. Ma non esiste. Lo ripeto, NON ESISTE. I centri dell'isola sono serviti da ottimi e capienti parcheggi. Realizzarne altri significa dannoso consumo di suolo. Per giunta, un consumo di suolo pressoché permanente, di cui però il beneficio è limitato a due mesi scarsi l'anno. È dissuadere l'uso dei mezzi motorizzati l'unica soluzione.
Anche qui parte in automatico la tiritera sull'incremento del trasporto pubblico, da parte degli operatori economici. Peccato che negli ultimi anni gli unici che hanno smosso le acque e formulato proposte concrete sul servizio dei bus all'isola siano stati i ragazzi del comitato giovanile, mentre non si è visto il medesimo impegno da parte delle associazioni produttive. Che oltrettutto hanno dalla loro il vantaggio di essere ascoltatissime dalla politica locale. Inoltre, questo appellarsi sempre alle decisioni della politica (che spesso latita, certo) risulta un altro alibi. Pochissime strutture turistiche hanno avviato un servizio privato di trasporto (magari elettrico) per i loro clienti, minibus o bike sharing, incoraggiandoli a lasciare l'auto nei loro posti macchina all'arrivo e riprenderla solo alla partenza, a muoversi con meno stress tra spiagge e paesi, senza l'assillo dei parcheggi, a contribuire a ridurre la Co2. E creare posti di lavoro.
È vero che il percorso virtuoso per il turismo consapevole passa per un richiamo alle responsabilità delle amministrazioni e agli appelli pubblici. Ma soprattutto con l'esempio virtuoso del singolo imprenditore. Invece si strologa sulle soluzioni imbecilli.
Infatti la gestione dei trasporti è forse l'argomento che raggiunge la demenzialità pura. Da qualche anno a questa parte gli operatori economici e i politici hanno trovato il loro nuovo mantra: allungamento della pista dell'aeroporto. Ne hanno parlato fino alla nausea, e non mi dilungherò sull'assurdità di questa nonsoluzione. Aggiungo solo che i lavori di ampliamento dell'aeroporto (sempre ammesso che vengano mai fatti) creeranno, da una parte un danno idrogeologico permanente e difficilmente gestibile, dall'altra rappresenteranno (come al solito) il sogno infranto degli ottimisti, in quanto non porteranno ai mirabolanti risultati vagheggiati. Esattamente come l'allungamento della banchina dell'Alto fondale, che non porterà un grammo di crociera in più dell'attuale. E come la storia ci ha insegnato con tutti quei progetti, spacciati come salvifici, quali il porto di Mola o il gassificatore del Buraccio: salvifici per le tasche dei costruttori, ma cattedrali nel deserto per il loro patetico sottoutilizzo.
Va anche considerato che tanto il trasporto aereo che quello crocieristico, ritenuti miracolosi per il turismo elbano, sono altamente inquinanti. Il secondo, per esempio. Un'inchiesta di Milano finanza ha calcolato che nel 2022 le 218 navi da crociera circolanti in Europa hanno immesso nell'atmosfera 4,4 volte più Co2 dei 253 milioni di auto del continente. E l'Italia è il paese più inquinato, con ben 4 porti tra i primi venti, e Civitavecchia al primo posto.
È incredibile che si parli di “soluzioni” più vecchie dell'età media dei sindaci elbani (vabbè, questo forse è un paragone azzardato, altrimenti andremmo al Neolitico), quando a poche migliaia di chilometri più a nord, in Scandinavia, si stanno sperimentando i primi trasporti su traghetti elettrici. Considerando che il canale di Piombino ha una lunghezza ideale per sperimentare questi collegamenti, connessi oltretutto a una bella spinta promozionale.
https://www.vaielettrico.it/traghetti-elettrici-in-danimarca-e-nuova-zelanda-in-italia-il-nulla/
Altro aspetto ambientale. Le spiagge sono il grande attrattore dei turisti elbani. Ma sono anche ambienti fragilissimi. Non starò a ripetere quanto altri, meglio di me, hanno scritto su questa fragilità, dalla nidificazione delle tartarughe, ai rischi per il diporto selvaggio, all'imbecillità di concedere eventi e spettacoli su di esse. Smontiamo questo mito che le spiagge elbane non hanno alcun problema, soprattutto di sovraffollamento e gestione dei rifiuti. La tesi è che essendo più di cento, i turisti possono spalmarsi su diversi lidi. Il guaio è che le spiagge elbane non sono tutte uguali e le statistiche mostrano un quadro diverso. Tutti i rilevamenti dimostrano che i turisti tendono a concentrarsi sulle mete più note: a livello mondiale l'80% dei turisti va nel solo 10% delle destinazioni, quelle più conosciute. All'Elba vale la stessa regola: oltre la metà dei turisti affolla la ventina di spiagge più conosciute e meglio raggiungibili dai mezzi. Il problema di sovraffollamento, gestione dei rifiuti e mobilità inquinante c'è eccome. Chi avanza un'idea di contingentamento potrà sbagliare nei metodi di applicazione, ma non certo nel porre la questione.
Secondo i dati del Touring club, l'Italia è interessata da un flusso di circa 420 milioni di turisti l'anno. Significa che ci sono sette turisti ogni residente. Ma ovviamente non funziona così dappertutto. Analizzando il dato delle singole isole, per l'arcipelago toscano appare un numero impressionante: il rapporto è forse il massimo d'Italia, sfiorando quasi la tripla cifra. Ci sono 93 turisti annuali per abitante. Considerando che sono fondamentalmente tre le isole che accolgono turisti per periodi lunghi, si può immaginare il peso che questo rapporto ha sulle due isole più piccole, Giglio e Capraia. Ma limitandoci anche all'affluenza di poche ore, vanno in sofferenza pure isolotti come Pianosa e Giannutri.
Ed ecco che entrano in gioco le difficoltà di uno smaltimento enorme di rifiuti e un aumento del consumo di risorse energetiche, soprattutto acqua. Semplificare dicendo che la produzione di rifiuti è limitata a soli tre mesi l'anno non inquadra bene la questione. Finita, per fortuna, l'era delle discariche a cielo aperto, il costo di smaltimento si è fatto non indifferente, con trasporti sempre più massicci (su gomma, quindi con emissioni di Co2). Mi si dirà che in termini economici, i turisti lo ripagano col fatturato delle strutture ricettive. Vero, ma il problema organizzativo è tutto elbano, e lo paghiamo a livello locale tutto l'anno. Senza considerare il fattore umano. Gestire la raccolta e lo smaltimento di rifiuti su centinaia di località, dopo eventi notturni spesso dozzinali, sulle spiagge e lungo le strade, dura sì solo tre mesi, ma è tutto sulle spalle di lavoratori. Che spesso devono lavorare la mattina prestissimo, in impieghi usuranti e non poco facili. L'immagine scintillante dell'isola è molto spesso più frutto di questi lavoratori, che di chi organizza eventi e poi si prende i meriti di aver dato lustro turistico al sistema.
Purtroppo non ho trovato le rilevazioni che riguardano i consumi estivi di elettricità e acqua all'Elba, e il loro aumento percentuale rispetto all'inverno, che pure in passato ho visto ma ho dimenticato. Ma dal sito delle Nazioni Unite si ha un altrettanto significativo e allarmante quadro a livello globale. È calcolato che entro il 2050 a causa dell'aumento dei turisti ci saranno incrementi del 154% nel consumo di energia, del 131% nelle emissioni di gas serra, del 152% nel consumo di acqua e del 251% nello smaltimento dei rifiuti solidi. Aumenti che anche a livello elbano non dovrebbero lasciarci indifferenti.
Sulla questione di un turismo fortemente energivoro, non dovrebbe consolare che si riduca a soli tre o quattro mesi l'anno. È quindi grave che le politiche locali comprensoriali non riescano a stilare un piano di produzione di energie rinnovabili e una razionalizzazione del risparmio, soprattutto di eventi poco culturali e molto consumistici, il cui successo è solo quello di immagine e non quello di limitare costi e sprechi. Ma non stupisce. Quando si pensa che per la gestione delle riserve idriche si fa una lotta oltranzista contro il dissalatore (soluzione problematica, certo, ma ineluttabile in un contesto di crisi climatica) per avanzare soluzioni comiche (il raddoppio della condotta sottomarina) si ha il segno del livello politico elbano.
Con questo chiudo la lunga riflessione sull'overtourism all'Elba, scusandomi per aver abusato dello spazio di Elbareport. L'analisi gramsciana di parte del problema è servita. Adesso come ce lo vogliamo giocare il nostro futuro?
Andrea Galassi