In questi giorni, dopo faticosi equilibrismi politici, è nata la Commissione Europea. La Presidente Von Der Leyen è riuscita a far quadrare il cerchio; si vedrà come opererà, ma per 5 anni saremo condizionati dalle scelte che verranno fatte a Bruxelles ed a Strasburgo dove ha sede il Parlamento Europeo.
Per indicare la via da percorrere, la Presidente ha incaricato il nostro Mario Draghi di redigere un rapporto sullo stato dell’Unione e sulle prospettive per uno sviluppo necessario per poter competere con le grandi potenze economiche mondiali. In tale rapporto, che ho letto a causa anche di una leggera influenza che mi ha tenuto a casa, esiste una prima parte che analizza gli interventi da fare e li contabilizza in 800 miliardi di euro all’anno, suppongo per la durata della legislatura. Tale esborso finanziario è pari a circa il 5% del PIL dell’Unione e, fa notare il rapporto, è più del doppio dell’impegno economico che fu fatto con il piano Marshall nel dopoguerra per la ricostruzione dell’Europa in rovine.
Alcuni hanno chiamato tale parte del rapporto “lista della spesa”. Il problema è: chi paga? E qui si aprono vari scenari. Dopo vari sforzi di “ermeneutica” per interpretare quando scritto in “economichese”, io penso che le strade siano principalmente due: o si aumenta il debito emettendo “eurobond” sottoscrivibili da privati e/o da Enti centrali, o si fa una politica di taglio drastico della spesa pubblica che comporterà diminuzione di molti servizi. Tale via è stata perseguita, infatti, nell’ industrializzazione forzata che, ad esempio, c’è stata nella Cina ai tempi di Mao , nell’Unione Sovietica ai tempi della guerra fredda o nella Germania tra le due guerre. Si evince facilmente che, non essendo una via popolare, anche se più soft, richiederebbe un Governo autoritario a spese della democrazia per essere più efficiente. Va detto che i singoli Governi dell’Unione hanno difformi sensibilità in merito a causa dei debiti pubblici molto diversi tra di loro.
Partendo da tutt’altre considerazioni, ed analizzando le varie parti del rapporto, per avere una maggiore produttività e, quindi, competitività nel mondo, si ha bisogno, oltre alle risorse finanziarie, principalmente di 3 cose: “cervelli” (che si applicano nella ricerca), energia e materie prime.
E qui si apre una moltitudine di problemi interconnessi.
A meno di non trovare in Europa qualche grande giacimento di minerali o combustibili, che, però, sarebbero praticamente interdetti dal 2050 (green deal), tale materie bisogna importarle da altri Paesi che possono aumentare i prezzi o condizionare politicamente (quello che hanno paventato con i gasdotti russi nord stream 1 e 2).
Passare entro il suddetto anno totalmente alle rinnovabili mi sembra una favola propagandata, fino all’anno scorso, dalla Von Der Leyen. L’unica praticabilità in tal senso, sarebbe una drastica riduzione dei consumi energetici rivedendo il nostro modo di vivere. Forse, ormai, anche alcuni Verdi si stanno convertendo al nucleare di media taglia e di “quarta generazione” verso il quale stanno spingendo molte grandi aziende specie americane. Bisognerebbe valutare, però, se l’impatto ambientale è sostenibile; si dovrebbe scegliere il male minore. L’Italia è bloccata da due referendum in merito. Comunque il fotovoltaico e l’eolico è, economicamente, in mano ai cinesi. Così, pure, le auto elettriche che stanno mandando in crisi le industrie, del settore, europee. Su tutto ciò, speranza, aleggia il miraggio della fusione nucleare! Nulla è tecnicamente impossibile all’uomo!
Per le materie prime il problema è che sono ubicate in Paesi che stanno, o lo sono già, in mano a Cinesi o Russi che attuano una politica di neo colonizzazione economica i primi (strategia win-win) o di aiuto alla sicurezza di Governi locali i secondi tramite truppe mercenarie (Wagner). Buona parte dell’Africa è in tali condizioni. Non so se il nostro “Piano Mattei” potrà competere con tali colossi economici o militari, anche se l’intenzione è buona.
E allora? Ecco qui la frase titolo ti questo articolo che è un detto inglese: “flogging a dead horse”!
E’ pessimistica, ma “spes ultima dea”! Ogni Civiltà , la Storia insegna, raggiunge il suo splendore e poi decade per lasciare posto ad altre che subentrano per forza vitale( vedi natalità) e fede nei propri principi.
Fichte diceva che la Civiltà procede da oriente ad occidente; ci siamo quasi.
Un’ultima cosa che mi frulla per la testa: è proprio folle pensare ad una svalutazione dell’euro? Noi dagli anni ’70 ai ’90 ci siamo vissuti con la Lira e non vivevamo male.
Giampaolo Zecchini