Carissimi Sindaci,
sono sicuro che avete già visto le mie interviste rilasciate ai giornali online e al momento anche al “Il Tirreno”, relativamente alla problematica che sto vivendo personalmente come azienda agricola in Porto Azzurro ma che riguarda, comunque, tutte le Aziende che sono nella mia stessa situazione all’interno del territorio dell’Ente Parco Nazionale Arcipelago Toscano, per la quale ho adito il competente TAR.
Il divieto di abbruciamento di potature e sfalci rischia di diventare un costo insostenibile per ogni azienda agricola sita all’interno del PNAT. Cosa ben più grave, oltre a sopportare detti costi, c’è da considerare la mancata produzione di ammendanti naturali derivanti dai suddetti abbruciamenti.
Negli anni passati c’è stata una sorta di tolleranza all’applicazione del divieto di abbruciamento ma, attualmente, la normativa viene interpretata, erroneamente, in maniera restrittiva.
Mi è stato suggerito di utilizzare la biotriturazione: la pratica della cippatura sarebbe anche funzionale, se non si dovesse trattare vegetazione colpita da infestazioni fungine e/o parassiti permanenti, ( la mia è una azienda agricola certificata biologica, non faccio uso di chimica). Il materiale di risulta, reimmesso sul terreno, sarebbe veicolo di propagazione dei suddetti patogeni, senza dimenticare sempre la mancata produzione di ammendanti.
Orbene, come facilmente verificabile, negli altri Parchi Nazionali d’Italia sono previsti regolamenti per le deroghe agli abbruciamenti all’interno del territorio degli stessi.
Perché il PNAT non si è dotato di tale strumento atto a risolvere le criticità evidenziate? Come già detto l’istituzione del Parco risale al 1996 e sono trascorsi 28 anni di inerzia. Nello stesso tempo, però, per l’Isola del Giglio tale deroga è stata concessa.
Come è stato possibile?
Mio padre avrebbe detto:”…e io chi sono, la pecora nera della famiglia?”
Auspico un Vs. solerte interessamento alla questione per l’adozione di tutti gli atti che riterrete necessari e utili per la soluzione del problema prospettato.
All’uopo segnalo che:
1) l’art. 11, comma 4, della Legge n. 394/1991 (legge quadro sulle aree protette) demanda al regolamento del Parco Arcipelago Toscano di stabilire le deroghe ai divieti di cui al precedente comma 3 (anche in materia di fuochi all’interno del territorio del Parco);
2) ai sensi dell’art. 185, comma 1, lett. f), del D. Lgs . n. 152/2006 (come modificato dall’art. 20 della legge n. 37/2009 e dall’art. 35, comma 1, lett. b) della legge n. 108/2021), non rientrano nel campo di applicazione della normativa sui rifiuti «(...) la paglia e altro materiale agricolo o forestale naturale non pericoloso quali, a titolo esemplificativo e non esaustivo, gli sfalci e le potature effettuati nell’ambito delle buone pratiche colturali, utilizzati in agricoltura, nella silvicoltura o per la produzione di energia da tale biomassa, anche al di fuori del luogo di produzione ovvero con cessione a terzi, mediante processi o metodi che non danneggiano l’ambiente né mettono in pericolo la salute umana (...)» ;
3) ai sensi dell’art. 182, comma 6 bis «le attività di raggruppamento e abbruciamento in piccoli cumuli e in quantità giornaliere non superiori a tre metri steri per ettaro dei materiali vegetali di cui all’art. 185, comma 1, lett. f), effettuate nel luogo di produzione, costituiscono normali pratiche agricole consentite per il reimpiego dei materiali come sostanze concimanti o ammendanti, e non attività di gestione dei rifiuti”.
4) l’art. 2, par. 2, lett. f) della direttiva sui rifiuti 2008/98/CE, confermato dalla direttiva 2018/851/UE, esclude dal suo ambito di applicazione «(...) paglia e altro materiale agricolo o forestale naturale non pericoloso utilizzati nell’attività agricola, nella selvicoltura».
Quindi, ai sensi del sistema normativo sopra richiamato l’abbruciamento in piccoli cumuli e in quantità giornaliere non superiori a tre metri steri per ettaro dei materiali vegetali di cui all’art. 185, comma 1, lett. f), effettuate nel luogo di produzione, costituiscono normali pratiche agricole.
Rimanendo disponibile ad un incontro, al fine di esaminare la vicenda che coinvolge anche altre aziende agricole che operano sul territorio elbano, si inviano distinti saluti.
Stefano Rebua