Personalmente non mi aspettavo (e non mi auguravo) questo risultato. Ogni elezione però ci parla di quello che vivono -o pensano di vivere- le persone e con esse le comunità. Niente avviene per caso. Questi dati ci parlano di un'America spaccata, divisa, polarizzata. Contesa tra fazioni opposte che si parlano poco e si capiscono ancora meno, dove dunque non vince chi persuade gli altri, ma chi riesce piuttosto a portare tutti i "suoi" al seggio. Due paesi che convivono nello stesso territorio, "Two nations under God" piuttosto che "One Nation under God". Da un lato un Partito Repubblicano ormai padroneggiato da Trump, dove reazionari di ogni genere (tra cui evangelici, mormoni e comunità musulmane...) trovano terreno comune nel disegnare una società meno libera, con ruoli di genere definiti, disciplinata e tradizionale (in una parola direi triste). Dall'altra un Partito Democratico che si è svegliato in preda ad un'amnesia che gli ha fatto dimenticare chi è: si ricorda solo che non è l'altro nella stanza, che è alternativo e che l'altro è cattivo. Si ok ma te chi sei?
Viene da se che un "partito" con un'identità definita riesce, come dicono i dati, ad attrarre più persone di uno che vive di contrapposizione. Basta guardare i dati sui flussi elettorali. Harris ha preso meno voti di Biden e pure di Clinton 2016, ma non perché qualche democratico è diventato repubblicano (ci sono, è chiaro, ma sono pochi) ma perché Trump ha tenuto la sua base ovunque ed è riuscito a coinvolgere fasce della popolazione che si sentivano dimenticate ed avevano smesso ormai di votare. Bianchi della classe media, giovani elettori, ma anche tantissimi "latini" ormai ben integrati e pure una quota maggiore di "neri" e persino di donne, poco spaventate (pare) dalla perdita di un diritto fondamentale irrinunciabile. Probabilmente oggi Trump fa anche meno paura, c'è già stato una volta ed il mondo non è finito (non finirà neanche stavolta) e quindi molti elettori moderati hanno scelto Trump, più per lo scontento verso l'amministrazione Biden che per un apprezzamento verso Trump.
Forse per questi motivi, forse per altri, gli Stati Uniti hanno scelto Donald Trump, che ora si troverà a governare una Repubblica basata sui "check and balances" avendo però il controllo di tutti i check e di tutti i balances (Presidente, Camera, Senato, Corte Suprema).
La vita degli americani probabilmente cambierà; aumenteranno le già enormi disuguaglianze, i ricchi saranno meno tassati e i poveri meno assistiti e istruiti. A questi problemi però il sistema statunitense, anche stavolta, resisterà. Grazie agli stati federati che in politica interna sopperiranno le assenze di Washington Dc, ad un'economia poderosa, alla forza d'animo dell'"ingenuity" americana. Ma noi?
Noi europei. Noi italiani. Noi (UE) che abbiamo il nostro principale partner commerciale negli USA, noi (UE) che (tranne alcuni processi in Olanda) appaltiamo la produzione di chip a USA e Taiwan, noi (UE) che appaltiamo la nostra difesa agli USA attraverso la NATO.
Tutto questo con un Presidente che vuole uscire dalla Nato e mettere pesanti dazi sulle importazioni. Saremo soli in mezzo ad un mare-mondo dove autocrazie e teocrazie scalciano per prendere il comando. Possiamo scegliere se affogare oppure possiamo mettere da parte campanilismi e interessi locali e fare davvero squadra come un'unica Europa. Non abbiamo una lingua comune ma viviamo tutti allo stesso modo, crediamo nella stessa visione del mondo, conosciamo la libertà e il progresso che gli amici internazionali di Trump vorrebbero vedere annientati. Chiamateli U.S.E., chiamatela Federazione Europea, chiamatela come vi pare, ma non possiamo aspettare.
Insieme non solo resteremo a galla ma prospereremo, saremo protagonisti autonomi della politica internazionale, difenderemo le democrazie dalle aggressioni, mostreremo al mondo un modello di democrazia e libertà da sognare e costruire.
Questo è un auspicio, l'unico possibile secondo me, ma confesso che ci credo poco.
Speriamo di imparare a nuotare.
Pietro Gentili