Ricorrono tre anni dall’inizio dell’ultima drammatica fase della Guerra d’Europa, inauguratasi con l’invasione dell’Ucraina sudorientale di Volodimir Zelensky da parte dell’esercito della Russia di Vladimir Putin -come è noto, infatti, in quel settore dell’Europa la guerra aveva visto altre fasi nel corso degli ultimi 20-30 anni. Ma la storia dei rapporti fra Ucraina e Russia si snoda attraverso i secoli-. In realtà tuttavia, come altre volte ho detto anche su questo giornale, se la guerra cruenta ha coinvolto drammaticamente quei due Paesi dell’Europa orientale, essa, senza oscurarne i terribili costi umani ed economici, appare sempre di più come componente di un conflitto più grande che ha altri protagonisti, altre cause, altre conseguenza proiettate nel futuro. E fra i protagonisti possiamo individuare -con sempre maggior chiarezza- da una parte gli Stati Uniti, dall’altra l’Unione Europea, con all’interno significative differenze. Sullo sfondo, ma non troppo, altri attori apparentemente più discreti ma -anche per i numeri di popolazioni coinvolte- tanto rilevanti da apparire come i veri protagonisti della guerra con gli USA: la Repubblica Popolare Cinese, l’India, Brasile, la Russia, cui ora si sono aggiunti un'altra decina di altri Stati dando via al gruppo dei BRICS-. Nuovi protagonisti anche dell’economia mondiale, muovi concorrenti pericolosissimi anche perché grandi produttori delle merci che gli Stati Uniti -che hanno una capacità produttiva molto bassa- sono costretti a comprare. In gioco, il primato del Dollaro come moneta di riferimento delle transazioni mondiali: e l’Euro -e l’Unione Europea- si sono trovati a rappresentare una possibile alternativa strutturata alla leadership politica e monetaria del mondo. E prima che questa possibilità crescesse e si concretizzasse, era necessario destrutturare l’Unione e le sue economie nazionali, prima fra tutte l’economia tedesca.
Questa mi sembra essere la genesi più accreditabile della Guerra Europea fra Russia e Ucraina, nella quale a quei due Paesi è toccato lo sgradevole e drammatico compito di diventare “campioni” di due schieramenti altri, che hanno delegato loro gli scenari più immediatamente coinvolgenti e onerosi -e distraenti-. In questo senso mi sembra sussistere una continuità di intenti fra Biden e Trump nella comune volontà di demolire l’importanza e la forza dei tradizionali alleati degli ultimi ottanta anni, pur nell’apparente contraddittorietà delle scelte tattiche adottate -sostegno politico, economico, militare di Biden a Zelensky, d’accordo con gli “alleati” europei e la NATO; abbandono di ogni sostegno di Trump in nome della pace, discussa e stipulata direttamente con l’avversario di Biden e dei suoi alleati -rimasti “percossi e attoniti” dal capovolgimento di fronte dell’”Uom fatale”-. E tuttavia Trump è coerente con se stesso e con l’ideologia MEGA di cui è portatore, che vagheggia il tempo in cui gli USA dopo la sconfitta del Nazismo, dominavano il mondo esercitando senza limiti il potere che derivava loro dal controllo assoluto del Mercato e della forza militare.
Ci si è chiesti perché, con la fine dell’Impero Sovietico, non si fosse estinta anche la Nato. Credo di non sbagliare dicendo che a impedirlo è stata la nascita dell’Euro, e la conseguente necessità di avere un “punto di forza”, di controllo da parte degli USA su una Unione Europea che manifestava una volontà di protagonismo concorrenziale nella politica estera ed economica. Al tempo stesso la NATO funzionava da garanzia e da deterrente soprattutto per i Paesi che confinavano con la rinascente potenza imperiale russa di Putin. Ed è stata utile “casus belli” per innescare il conflitto Russo Ucraino -la volontà dell’Ucraina di aderire alla NATO, per ottenerne la “copertura” in funzione antirussa; la volontà della Russia di non avere gli schieramenti NATO troppo prossimi ai propri confini; l’impossibilità per l’Unione Europea di restare neutrale e la conseguente necessità di “aiutare” l’Ucraina contro la Russia, tradizionale nemica (sua e degli USA)-.
Eccoci dunque, nel terzo anniversario di quest’ultima -per ora- fase della Guerra Europea, ancora disorientati dalle mosse tattiche del Presidente degli USA, a cercare motivazioni oggettive che possano giustificare il massacro e le devastazioni alle quali abbiamo dovuto assistere: da un lato la difesa dei sacri valori dell’Occidente democratico e liberale -ma il Vicepresidente di Trump, Vance, ci ha or ora detto che è roba vecchia e che per di più frena lo sviluppo-, per la quale ogni sacrificio è sacro. Ed ecco allora -come scrivevo tre anni fa- «l’esercito giornalistico degli “armiamoci e partite” bello forte e numeroso: compatte le principali testate cartacee, con qualche eccezione che propone più incertezze -Manifesto, Fatto Quotidiano-; schieratissime quelle televisive, con l’ausilio dei Talk show, e profusione di immagini che mostrano l’orrore della guerra e tuttavia ne suggeriscono il necessario incremento. Insieme a questo non manca il contributo degli “specialisti” anche un po’ estemporanei, che nel furore della necessità di schierarsi da una o dall’altra parte -ma più da una, per la verità- trascurano l’originaria vocazione a utilizzare letteratura, storia, filosofia, scienze umane, economiche, politiche, statistiche per cercare di capire e far capire la complessità delle vicende presenti; e scivolano rapidamente nella più semplice e ormai imperante dicotomia che Andy Luotto proponeva già nell’“Altra Domenica” di Arbore: “Buono/No buono”. Oltre quarant’anni fa».
Dall’altro lato, con il Papa, la sparuta schiera di coloro che a proprio rischio e pericolo di lapidazione morale (speriamo solo morale), affermano (Michele Santoro) “il nemico più mostruoso che sta di fronte a noi è la guerra. La guerra è mostruosa”. La pace si fa solo con la pace.
A dimostrazione -tragica dimostrazione- sta la pace che Trump sta apparecchiando, con Putin ed escludendo Zelensky e l’UE, basata -come è ovvio- su una bella transazione economica: Putin ottiene ciò che voleva tre anni fa, però dopo centinaia di migliaia di morti, incalcolabili distruzioni, e per quel che ci riguarda, la devastazione politica dell’Unione Europea; Zelensky -il “nostro” campione- si ritrova con un Paese devastato, con una Economia devastata, con una credibilità devastata e irrisa. In più, per ottenere questa “pace”, dovrà in qualche modo alienare -consegnandole al paciere Trump- le ricchezze naturali, le “terre rare”, per una valore che la prepotenza del mediatore stabilirà a discrezione.
Forse se le risorse economiche e politico-diplomatiche fossero state impiegate intensivamente a cercare subito una pace decente tre anni fa, avremmo potuto evitare di dilapidare vite e risorse.
E forse oggi non dovremmo avere tanta paura dell’altra “pace” che Trump ci sta preparando in Palestina.
Luigi Totaro