Che i disastri ambientali ormai quasi sempre annunciati rimettano ogni volta sul banco degli imputati le istituzioni nessuna esclusa è sotto gli occhi di tutti non soltanto per il dramma della Sardegna. E ogni volta riparte -spesso spudoratamente- lo scaricabarile tra stato, regioni, enti locali sulle responsabilità. E non mancano neppure le sortite più sfacciate –vedi Cappellacci- che imperterrito ribadisce che lui continuerà a infischiarsene del piano delle coste e di altri vincoli per fare ancora quello che ha già fatto con i risultati che vediamo.
Ma nessuno oggi ha le carte in regola a nessun livello per potersi chiamar fuori; non può farlo lo stato verso le regioni e gli enti locali perché a lui fanno capo alcune delle leggi più importanti come quella sul suolo, ma non possono neppure le regioni –vedi appunto la Sardegna- che con gli enti locali devono evitare che come a Olbia le scelte rovinose all’insegna dell’abusivismo regnino sovrane per anni.
E ancor meno tollerabile è che a fronte di questi fallimenti nel governo del territorio qualcuno cerchi addirittura di approfittarne per mettere gli altri in riga e in maggiore difficoltà. Lo stato lo ha fatto a lungo e non solo nella gestione del suolo dove le sue competenze sono state gestite all’insegna anche della corruzione come è accaduto con la protezione civile. Ma è stato così anche in altri ambiti dove le sue competenze –vedi il paesaggio-sono anche ‘costituzionalmente’ garantite. E’ pur vero che come per i bacini idrografici, il paesaggio, la tutela della natura queste competenze devono oggi essere in più d’un caso gestite in collaborazione con le regioni e gli enti locali come dice anche la Costituzione con il nuovo titolo V. Ma è anche vero che proprio qui è cascato l’asino perché stato, regioni e enti locali sono riusciti più che a collaborare a litigare e ora non ci si può illudere però che per fare meglio bisogna ritornare a quel centralismo che ha fatto più danni della grandine.
Se una regione come la Toscana è tornata sulla base anche di una sua consolidata e apprezzata tradizione a rimettere a fuoco con una nuova legge questi problemi a partire proprio dalla difesa del suolo da quelle cementificazioni che lo hanno esposto e non solo sugli argini dei fiumi a danni alle cose e anche alle persone, perché lo stato non dovrebbe compiacersene e avvalersene? Se persino in tempi di magra finanziaria come quelli attuali si scopre che da più parti non si è riusciti neppure ad utilizzare al meglio neppure i fondi comunitari che richiedono una capacità progettuale del sistema istituzionale e non soltanto di qualcuno dei suoi livelli, non è giunto il momento di rifare –anzi di fare finalmente squadra?
Che Cappellacci di tutto ciò se ne infischi non può sorprendere anche se è scandaloso.
Ho trovato invece sorprendente la dichiarazione di Renzi che accusa le regioni di essere dei microstati che pretendono di poter governare tutto. Poi però reclama il superamento del bicameralismo perfetto e quindi il Senato delle autonomie che dovrebbe servire -come è noto- ad assegnare alle regioni e alle comunità locali un ruolo ‘statale’ sul modello operante in diverse realtà europee.
Un ruolo insomma non certo da ridimensionare.
Il nostro assetto istituzionale è già fin troppo rottamato da poterci permettere altre stramberie e non soltanto in Toscana.
Renzo Moschini