Sono le sei e cinquanta minuti di un mattino freddo, freddo perché un vento spazientito tormenta le nostre giacche, disturbato dalla nostra presenza in uno dei luoghi dove regna incontrastato: siamo sulla cima del Monte Capanne, a 1019 metri sul livello del mare.
L'avventura è partita un po' per caso: dopo qualche proposta di andare per sentieri, ecco che spunta l'idea geniale, l'alba sul tetto dell'Elba.
La sveglia suona alle due di notte. Dopo essermi attrezzato come si deve, tra torce, scarponi, guanti e cappelli, salgo in macchina per recuperare gli altri; siamo in quattro: Io, Daniele, Cesare, Christian. Una volta riuniti, ci dirigiamo verso Marciana, per iniziare a percorrere il sentiero che, da lì a due ore, ci avrebbe visto guadagnare la cima.
Il sentiero ci ha regalato emozioni incredibili: il silenzio avvolge il bosco durante la notte, qualche occhio, che ci guarda con circospezione, brilla nell’oscurità, il vento sibila dispettoso tra gli alberi.
Dopo una breve pausa a metà strada, finalmente arriviamo in vetta. Il termometro segna due gradi sotto lo zero, il vento spazza come una frusta la pista d'atterraggio per gli elicotteri, punto in cui ci siamo sistemati nei sacchi a pelo in attesa dell'astro nascente. Impazienti per l'attesa, chiacchieriamo, proviamo a scattare le prime foto, contempliamo l'isola che si gode, beata, gli ultimi momenti di sonno. Eccolo, sta arrivando: si fa annunciare tramite le sue amiche nuvole, che arrossiscono e si diradano, spunta qualche raggio, poi l'immensa palla rossa ci scruta da lontano, venendo su dal mare con placidi movimenti.
Il sole sfiora i nostri volti regalandoci quel tenue calore che può dare nei suoi primi momenti dopo il risveglio, ma in quel momento poco ci importa del freddo: stiamo assistendo ad uno spettacolo naturale mozzafiato, unico nel suo genere. Nessuno dei quattro parla, fissiamo il disco solare che avanza verticalmente, acquistando sempre più forza e scrollando l'intera isola dal suo torpore.
Tornati a casa, raccontiamo la nostra avventura a qualche amico. La maggior parte delle risposte sono di sconcerto, incredulità, sbalordimento, “Chi ve lo ha fatto fare?”, “Voi siete matti” e “Dove avete trovato la voglia” sono quelle più ripetute.
Al giorno d'oggi la natura ormai non fa più per l'uomo, non è di moda, non fa tendenza, è bistrattata e violentata ogni giorno da persone senza cervello e senza morale. Siamo nell'era del tablet, del 3G, dello smartphone: oggetti che ammaliano tutti, compreso il sottoscritto. La tecnologia ha portato progresso, vantaggi, comodità, ma ci ha allontanato dalla cosa più bella di questo pianeta: la natura.
Oggi i giovani preferiscono ciondolare da una parte all'altra della città, con lo sguardo incollato sul cellulare in attesa di una notifica Facebook o Twitter, oppure si chiudono in casa entrando in mondi virtuali, nei quali spesso rimangono intrappolati; eppure basterebbe alzare gli occhi dall' Iphone, spegnere la Playstation e aprire la finestra, guardandosi un po' attorno: il sole che colpisce gli alberi e li dipinge di oro, il mare che si fonde con il cielo, le nuvole che corrono senza mai fermarsi, credo che tutto questo valga più di mille sms, più di mille tweet.
È un po' la metafora dell'esistenza: non abbiamo voglia di faticare per raggiungere i nostri obiettivi, vogliamo tutto e subito, senza sgobbare, senza sudare, senza problemi. Così il ragazzo che vuole vedersi un tramonto accende il cellulare, attiva la connessione internet e scartabella tra mille immagini, soddisfatto della velocità con cui il telefono appena comprato naviga sul web
Se prima l'essere umano era un tutt'uno con la natura, oggi è ridotto ad un estraneo per lei, e viceversa. Abbiamo perso il contatto, il senso pratico delle cose, la nostra esistenza si è ridotta ad un click, ad un gesto. Non ci emozioniamo più, non abbiamo più quel senso di stupore che portiamo dentro quando siamo piccoli, quella sensazione che ci fa rimanere sbalorditi davanti ad un prato, ad un cervo che passeggia fiero tra i boschi, alla luna che splende e rischiara la notte buia.
Al giorno d'oggi, chi conosce la natura?
Giacomo Giovinazzo