C’è alla guida della Regione Toscana una forza politica che alcuni anni fa ha incaricato, con coraggio e coerenza, una commissione di esperti di tracciare gli orientamenti e le misure per una legge sul governo del territorio.
Dopo studi, lavoro, impegno, relazioni, verifiche, sono arrivati nel corso del 2014 la legge e il piano che la coordina e indirizza. Quella stessa forza politica saluta subito con entusiasmo il lavoro svolto e la prospettiva di armonia fra lavoro e qualità del territorio che questa inaugura.
Gran parte della società civile e delle associazioni impegnate nel contrasto al consumo di suolo e nella sensibilizzazione rispetto ai temi del paesaggio sostengono quel piano (noi di Slow Food fra queste).
Da altre regioni arrivano attestazioni di ammirazione e rispetto per la maturità e la profondità della proposta, la visione del paesaggio e la definizione di un futuro possibile per la Toscana.
Il Presidente Rossi dichiara che la legge toscana potrebbe diventare un’esperienza pilota per altri territori regionali.
Le opposizioni (che fanno le opposizioni, che altro devono fare?) avviano allora un attacco scriteriato a quel piano, sulla base di una lettura spesso distorta e concorde con quella dei grandi operatori economici (agricoli, estrattivi, industriali che siano).
L’obiezione – come spesso succede – è relativa alla percezione di ogni norma come attacco alla libertà di intrapresa: si fa leva su interpretazioni parziali e gridate per trovare qualche seguito.
Generalmente – e anche in questo caso è successo – vengono sventolati anche altri spauracchi: posti di lavoro a rischio, presunta isteria della parte ambientalista, la necessità di uno sviluppo che non può che basarsi sull’erosione-svuotamento-sparizione delle norme.
Tutto regolare, già visto (le opposizioni fanno le opposizioni, che altro devono fare?).
Nella vicenda del PIT della Regione Toscana (che integra la LR 65/14) succede però qualcosa di sorprendente: parte della forza politica che ha dato il via alla realizzazione della legge e del piano comincia a demolirli, a smontarne le strutture portanti; c’è da chiedersi il perché.
Segue a ruota il Consiglio dei Ministri che in sessione natalizia impugna la legge ritenendola lesiva delle norme sulla libera concorrenza. Ne abbiamo già parlato: la gestione del territorio considerata una minaccia al libero mercato in una sorta di mondo alla rovescia, come se non avessimo mai visto ameni villaggetti artigiani in cemento e pittoreschi outlet devastare luoghi intatti nascondendo avidità e predazione dietro il labaro di qualche decina di posti di lavoro sfruttati e malpagati; come se non avessimo mai visto le migliaia di capannoni sfitti che affliggono le spoglie del Belpaese.
Slow Food Toscana, insieme ai territori che coordina, è intervenuta - una voce fra le altre - per confermare che ritiene corretta la scelta per uno sviluppo durevole, equilibrato non invasivo e non consumistico, e contro chi finge interesse e cura nei confronti del territorio per poi continuare lo stupro costante e il depauperamento delle risorse.
In questi giorni l’annuncio più sconcertante: un pesante emendamento presentato da una parte della stessa forza politica che aveva dato il via e accompagnato la preparazione del PIT e della legge 65, accogliendoli come un modello per altre regioni e aveva raccolto il plauso di tanta parte della cittadinanza attiva.
Un emendamento che si concentra in particolare sulle norme relative alle cave di marmo apuane, e ai litorali (aspettiamoci la colata di cemento in spiaggia sotto forma di piscina), ma che di fatto sembra puntare allo svuotamento della efficacia della legge sul governo del territorio (molti emendamenti riprendono quelli annunciati dall’opposizione).
Non vogliamo pensare alla istituzione sottotraccia di un partito del mattone e del cemento (quanto manca alle elezioni?) al quale comunque dichiariamo avversità; ci sentiamo davvero preoccupati riguardo a una classe dirigente che attacca sé stessa senza coerenza e senza responsabilità in nome di un presunto sviluppo che è solo vetero liberismo fuori tempo massimo e che deve chiarire a sé stessa se il paesaggio è davvero un valore aggiunto (il valore aggiunto della Toscana), come si fa nei convegni, o se invece è uno dei tanti temi da tirare, strizzare, stiracchiare ed utilizzare in base all’esigenza (elettorale?) del momento.
Slow Food Toscana conferma la sua disponibilità a confrontarsi ed agire con gli altri soggetti che hanno già manifestato preoccupazione rispetto a questi avvenimenti, e a sostenere l’azione di chi si impegna ad armonizzare la gestione del territorio con il suo rispetto.
Comitato Esecutivo
Slow Food Toscana