La discussione vivacissima e non ancora conclusa in Toscana sul piano del paesaggio ma anche quella che ha preceduto l’approvazione della nuova legge regionale sulle aree protette ha riproposto senza ombra di dubbio al centro anche del dibattito nazionale il ruolo di una regione per anni modello anche istituzionale. Ciò dovrebbe indurre però la Toscana a misurarsi più attentamente con il contesto nazionale dove si profilano disegni e intenzioni che lungi dal rimediare efficacemente ai tanto bistrattati effetti del vecchio titolo V del 2001 potrebbero aggravare ulteriormente le cose e non soltanto per la Toscana.
Sono recenti le dichiarazioni di Chiamparino e altri esponenti delle regioni in cui si denuncia il rischio per le regioni di diventare sempre più enti di gestione e sempre meno di programmazione.
In testi ufficiali è previsto infatti che lo Stato anche in materie di competenza esclusiva delle Regioni può intervenire riaffermando una supremazia che ricorda i lontani tempi dell’interesse dello stato –lo stato persona- a cui tutto il resto doveva conformarsi e sottostare.
Il costituzionalista Massimo Luciani ha detto che nei confronti delle regioni si sta passando all’eccesso opposto rispetto al vecchio titolo V il che non è funzionale al sistema e alla sua efficienza perché presente e futuro sono nel modello cooperativo fra stato e regioni, insomma la ormai dimenticata ‘leale collaborazione costituzionale’. L’idea di fondo è quella che le regioni devono essere ridimensionate in attesa di essere ridisegnate. Meno regioni e più stato; e gli enti locali? Qui il capitolo e le cose si complicano e non poco specie dopo l’abrogazione delle province. Ha scritto Renato Ruffini: ‘c’è il rischio di una volontà di riaccentramento dell’azione di governo nella pubblica amministrazione ministeriale, relegando le autonomie locali al ruolo di agenzie erogatrici di servizi e riducendo al minimo i corpi intermedi’.
Proprio in Toscana lo abbiamo registrato con l’approvazione della nuova legge sui parchi che dovrà sopperire alla sostanziale uscita di scena delle province che in passato avevano svolto un ruolo significativo che si pensava appunto di accrescere. Sfumata questa ipotesi il rischio è come conferma la nuova legge regionale sulle province che trasferisce compiti e ruoli della famosa e misteriosa ‘area vasta’ a Firenze di marginalizzare sempre più la dimensione locale. Se in regione cresce insomma sempre più la gestione e sempre meno la programmazione che per essere tale ha bisogno di un ruolo e di una presenza locale maggiore e più qualificata e autonoma e meno regionedipendente le politiche di pianificazione conteranno sempre meno.
Sabino Cassese si è chiesto: ‘come si può distinguere tutela dell’ambiente dal governo del territorio? Come si può chirurgicamente isolare la tutela dalla concorrenza? Come distinguere tutela da valorizzazione dei beni culturali’.
Dopo il 2001 serve ora la biappartenenza perché il potere di indirizzo statale poggi appunto su quella collaborazione istituzionale che finora è mancata come conferma il crescente e paralizzante ricorso da parte dello stato e delle regioni alla Corte costituzionale.
Enrico Rossi ha detto che non servono regioni come sorta di ‘statarelli’ ma come fratelli maggiori dei comuni, ma per questo le regioni non possono essere sorelle minori di uno ‘padrone’ che di danni ne ha già fatti non molti meno delle regioni.
Un buon esempio di cosa significhi sconnessione delle politiche regionali lo offre il dibattito sul piani del paesaggio. Lì è la vicenda delle cave a tenere banco. Eppure vi opera un parco regionale che per legge dovrebbe provvedere ad un piano che a differenza di quello previsto per il paesaggio dovrebbe riguardare sia l’ambiente che gli aspetti socio economici al punto che la legge ne prevedeva addirittura due uno sull’ ambiente (paesaggio compreso) e uno socio-economico. Oggi è chiaro o dovrebbe esserlo che due piani sono ingiustificabili ma la loro ricongiunzione non è riducibile al paesaggio.
Eppure mentre ci si accapiglia sul destino nessuno fa riferimento al parco quasi che la regione lo abbia istituito per tutelare le stelle alpine. E non è che questa stranezza riguardi solo le Cave e la Toscana.
Sul piano nazionale parchi e aree protette sono assolutamente ignorate dallo stato e anche molte regioni senza cave non se la passano meglio. Forse un po’ di fratelli maggiori non sarebbero sprecati come non lo sarebbero per i distretti idrografici e molti altri comparti ambientali lasciati finora allo SpaccaItalia.
Renzo Moschini