Gentili Sindaci dei Comuni dell’Isola d’Elba,
mi chiamo Leonardo Forbicioni e sono un entomologo….per passione.
Sto attualmente partecipando ad un progetto (Barcoding Italian Butterflies) che coinvolge molti ricercatori europei, volto ad individuare le differenze genetiche tra le specie di farfalle del mediterraneo. Gli studi hanno già fornito importantissime risposte, che verranno a breve pubblicate, dove emerge chiaramente che le farfalle dell’Elba e di tutte le Isole dell’Arcipelago, hanno una storia evolutiva molto interessante e sono depositarie di un patrimonio genetico unico e preziosissimo, da difendere a tutti i costi!
Vi scrivo questa lettera aperta per fare chiarezza, una volta per tutte, su un problema paesaggistico-entomolgico che si sta riproponendo in questi giorni, ovvero la presenza massiccia di un Lepidottero, la Lymantria dispar, i cui bruchi hanno defogliato numerose porzioni di boschi a Leccio e Sughera sull’Isola.
Per comprendere bene questo fenomeno, sarebbe opportuno, come per ogni “problema” che si intende risolvere, conoscerne prima, almeno le origini, lo sviluppo e le potenziali conseguenze, in modo da poter poi prendere eventuali provvedimenti, laddove dovessero essere necessari.
Insomma, per combattere il nemico, devi prima conoscerlo.
Vorrei iniziare a presentarvi questa “terribile” farfalla e raccontarvi un po’ della sua biologia.
Il Bombice dispari, o Limantria, per usare i due nomi comuni più noti, è una farfalla appartenente alla famiglia degli Erebidae, di origine eurasiatica, quindi, innanzi tutto, non deve essere considerata “aliena” per le nostre latitudini.
Le femmine ed i maschi degli adulti mostrano un marcato dimorfismo sessuale, ovvero, sono morfologicamente molto differenti tra loro, da cui l’epiteto specifico “dispar”. I maschi misurano circa 4cm (apertura alare), sono brunastri ed hanno delle antenne piuttosto appariscenti a forma inconfondibile di pettine, mentre le femmine sono più grandi (circa 6cm), più robuste, di colore biancastro con alcune strie grigio scure a forma di zigzag che attraversano trasversalmente le ali e le loro antenne non sono “pettinate”.
Questa specie compie una sola generazione all’anno ed in questo periodo (fine giugno/luglio), è possibile osservare quasi esclusivamente i maschi che svolazzano freneticamente lungo i sentieri, ai bordi delle leccete o delle sugherete, mentre le grandi femmine, che hanno una mobilità molto scarsa, emettono il feromone sessuale ed attendono pazientemente l’arrivo dei maschi per accoppiarsi.
Alcuni giorni dopo l’accoppiamento, la femmina si mette alla ricerca di un luogo riparato, sotto le cortecce o nei luoghi più disparati (muri, rifiuti abbandonati…), purché protetti dalle piogge e vi depone fino ad oltre 300 uova, che riunisce in una ovatura inconfondibile, di colore giallognolo e di forma più o meno ovale, proteggendole con una sorta di “feltro”, che altro non è che la peluria strappata dalla parte ventrale del proprio addome.
Le uova quindi, protette dalla loro calda imbottitura, trascorrono senza problemi l’intero inverno ed in primavera, quando le temperature si fanno più miti e le piante ospiti iniziano a germogliare, nascono i giovani bruchi che, in un primo momento restano raggruppati sui resti dell’ovatura.
e dopo pochi giorni……………..
…….ecco!!! Ora la storia si fa più “cruenta”!
Alcuni dei nostri voraci bruchi iniziano a nutrirsi delle foglie che trovano sui rami nelle immediate vicinanze, mentre altri, si lasciano penzolare all’estremità di un sottile filo di seta che loro stessi producono, e, così facendo, vengono agevolmente trasportati dal vento, percorrendo distanze non indifferenti, potendo raggiungere un maggior numero di piante, diffondendo così “la macchia” del loro attacco.
Questi temibili bruchi, sono dei defogliatori spietati, infatti, una volta “addentata” una foglia, non passano alla successiva, se non solo dopo averla mangiata completamente. Il risultato è molto spesso, paesaggisticamente devastante e non è raro trovare intere porzioni di bosco, con alberi completamente spogliati dalle migliaia di piccole mandibole!!
Con una attività trofica così frenetica, in breve tempo, i bruchi raggiungono la massima fase di sviluppo, cessano di nutrirsi e cercano un luogo sicuro dove impuparsi ed iniziare la metamorfosi, che terminerà alla fine del mese di giugno con la nuova comparsa degli adulti…….ed il ciclo avrà nuovamente inizio.
Spero di non aver annoiato nessuno e di aver presentato nel miglior modo possibile questa specie, che seppur ritenuta odiosa da molti, fa parte della nostra lepidotterofauna “da sempre” e questa non è cosa da poco…..e vi spiego il perché!
Una specie indigena, ovvero originaria di una certa area, è perfettamente integrata nell’ambiente dove vive, perché qui, ha da sempre trovato le condizioni migliori, per nutrirsi, riprodursi ed evolversi in perfetta armonia con tutte le altre specie animali e vegetali che la circondano.
Ho fino ad ora raccontato in maniera asciutta, il ciclo biologico di questa specie e così facendo, sembrerebbe che la tanto odiata Limantria, trascorra tutta la sua vita, sia da bruco che da adulto, strafogandosi e riproducendosi in maniera frenetica, senza ostacoli od intralci……..ma non è proprio così.
Una delle caratteristiche precipue delle specie indigene di un determinato areale e proprio quella di condividere il proprio habitat, con funghi, batteri ed altre specie animali che costituiscono i suoi ”nemici naturali”, che vivono, si nutrono, si riproducono e si evolvono a sue spese.
In ogni fase del ciclo vitale del “bombice dispari”, sono in agguato moltissimi nemici pronti ad attaccare.
Le uova possono essere parassitizzate da alcune piccole specie di imenotteri che, faranno si che da una buona percentuale delle uova deposte, non usciranno bruchi di Limantria, ma adulti di piccole e simpatiche “vespine”!
Altre piccole vespe (Braconidi del genere Apanteles) depongono direttamente sul corpo dei bruchi, le loro uova, dalle quali nasceranno delle piccole larve, le quali, dall’interno, “mangeranno vivo” il nostro, “un po’ meno antipatico” bruco, nutrendosi della sua frazione grassa e facendolo sopravvivere, solo fino a quando saranno pronti per abbozzolarsi loro stessi.
Ma non è finita. Altri insidiosi e famelici nemici, non vedono l’ora di incontrare l’affamato “bruchetto”. Uno di loro è senza dubbio la Compsilura concinnata. Una mosca appartenente alla famiglia dei Tachinidae, che si comporta in maniera pressoché simile alla precedente vespa, deponendo sul corpo del bruco alcune uova, dalle quali nasceranno le larve che lo porteranno alla morte.
“Last but not least”, il più bello, grande e vorace nemico della Limantria, è senza dubbio alcuno, il Calosoma (Calosoma sycophanta), un grosso coleottero di circa 4cm, dai colori sgargianti, che sfumano dal blu al verde metallico, che si nutre, quasi esclusivamente dei bruchi della ormai “quasi simpatica” Limantria, rincorrendoli a terra e sui rami.
Ogni anno, le generazioni della Limantria si susseguono su quest’Isola, senza che nessuno se ne accorga. Ad ogni primavera i bruchi si allontanano dal loro caldo giaciglio invernale e se ne vanno in giro di albero in albero a mangiare quante più foglie possibili, si impupano e con l’arrivo dell’estate, nascono gli adulti, i maschi iniziano a svolazzare per le leccete alla ricerca delle proprie femmine, per accoppiarsi e dare vita ad una nuova generazione……e così da centinaia se non da migliaia di anni, senza che nessuno (o quasi) se ne accorga.
Poi arriva un momento particolare, in cui condizioni ambientali, riproduttive e climatiche particolari si “congiungono” e le popolazioni delle Limantria elbane hanno una esplosione demografica eccezionale…..ed allora, tutti ne parlano. Tutti vogliono risolvere “il problema”, ognuno propone la propria ricetta risolutiva. Ma si tratta di un problema che “non è un problema” e di conseguenza si propongono soluzioni che “non sono soluzioni”, anzi potrebbero essere potenziali pericoli peggiori.
I bruchi si limitano sostanzialmente a mangiare le foglie delle querce, non provocando danni effettivi alla pianta, se non quella di indurla a germogliare nuovamente. Questo potrebbe risultare rischioso solo ed esclusivamente su piante già deboli o comunque già compromesse dal punto di vista vegetativo, ma le sughere ed i lecci “in salute”, posso garantirvi che vedranno ancora moltissime primavere! (…a partire da quella del 2016).
La natura infatti, se lasciata in pace, farà il proprio dovere, riuscendo laddove nessun uomo potrebbe mai riuscire, ovvero, manterrà in perfetto equilibrio le popolazioni, facendo miracolosamente corrispondere alla esplosione demografica di una specie, un parallelo e contemporaneo aumento del numero degli antagonisti naturali.
Da alcuni giorni, leggo articoli locali e non, che parlano dell’invasione delle Limantria all’Elba, ed, a seguito di questi allarmi, apprendo con dispiacere (e paura) che si stanno formulando ipotesi in merito ad eventuali trattamenti primaverili con Bacillus thuringiensis ssp., un batterio larvicida “generico”, che, non essendo specifico, ovvero selettivo su Lymantria dispar, infetterebbe ed ucciderebbe indistintamente i bruchi di tutte le farfalle con i quali dovesse entrare in contatto. Questo si che sarebbe un comportamento insensato che potrebbe provocare danni difficilmente calcolabili, in quanto andrebbe a colpire una parte del prezioso patrimonio naturale che questa isola offre “gratuitamente” a tutti noi che la viviamo ed a tutti coloro che anche solo per un breve periodo la visitano, portandosi a casa preziosi ricordi, fatti anche…… di colorati voli di farfalle.
Quindi, al termine di questa mia noiosa disquisizione, che spero abbia fatto chiarezza sulla “non pericolosità” di questo insetto, mi appello alla sensibilità di tutti Voi, Amministratori elbani, affinché non decidiate di prendere alcun provvedimento in merito a quello che mi sono permesso di definire un “non-problema”. Infatti un eventuale intervento, porterebbe, oltre che ad un inutile spreco di denaro pubblico, ad una pericolosa esposizione di tutte le farfalle dell’Isola ad un rischio che non possono permettersi.
Portoferraio, 15.VII.2015
Forbicioni Leonardo
Entomologo, per passione.