Un giorno (forse) pubblicherò per esteso i miei appunti e ricordi sul Parco Nazionale dell’ Arcipelago Toscano. Al momento ho scritto qualche capitolo. In quello che segue ho riportato qualche passo del capitolo : Montecristo. Mi è sembrato utile vista la “ribalta” che in questi giorni ha interessato l’Isola.
<<La prima volta che sono andato a Montecristo era il 1983. Giungemmo a Cala Maestra a mezzogiorno di martedì 31 maggio . "... giornata stupenda , mare calmo", leggo nel mio libretto di campagna. Ci eravamo imbarcati alle dieci a Piombino sull'aliscafo "Isola del Giglio" che dopo una breve sosta a Pianosa per sbarcare i "colloquianti", ci aveva portato a Montecristo. Sull’ Isola si poteva accedere solo per scopi scientifici e per escursioni didattiche- naturalistiche, previo permesso rilasciato dal Comitato scientifico isola di Montecristo del Consiglio Nazionale delle Ricerche e dalla Azienda demaniale foreste di Stato che gestiva l' Isola. Noi eravamo tre geologi dell' Università di Firenze impegnati in un programma di ricerche del CNR sulle mineralizzazioni associate alle manifestazioni di rocce granitiche della Toscana marittima ed insulare.
Ilio, il figlio maggiore di Amulio Galletti, lo storico "guardiano" di Montecristo, venne sottobordo all' aliscafo con il suo gozzo; scaricammo zaini e cartelle e raggiungemmo il moletto. Una bella biscia che si crogiolava al sole, scambiata con un "certo" sussulto, con una delle famose vipere, ci dette il benvenuto. Nelle cartelle c' erano la carta topografica al 25.000 dell' IGM, le fotocopie del lavoro di Mario Mittempergher della Sezione del CNR di Pisa che, non a caso, nel 1954 aveva rilevato l'isola e descritto le sue rocce. Due anni prima era stato costituito in seno al CNR il Comitato Nazionale Energia Nucleare ( CNEN) - allo scopo di "acquisire conoscenze scientifiche sulle applicazioni pacifiche dell'energia nucleare"- e le ricerche di mineralizzazioni uranifere interessavano tutto il territorio nazionale. A Montecristo, Giorgio Roster aveva segnalato fino dal 1875 la presenza, in una geode nel granito di Cala Maestra, di torbenite associata a feldspato e arsenopirite. Era, fra l' altro, la prima segnalazione di minerali di uranio in Italia.
Nei quattro giorni che rimanemmo a Montecristo, non erano mancate le camminate fino ai resti dell’Abbazia , al Belvedere, alla Cima dei Lecci e al Monte Fortezza. Le capre erano dappertutto. Nel viale di cemento che da Cala Maestra portava alla Villa brucavano tranquillamente gli oleandri, ma mai andavano ad abbeverarsi, mi diceva Amulio, nella polla di acqua sorgiva che era nella Grotta dove, come vuole la tradizione, nel V secolo trovò rifugio S. Mamiliano. Sono tanti gli ex-voto, piccoli oggetti di tutti i giorni, a segnare la sacralità e la religiosità del luogo. La sera a cena, Amulio ci raccontava le scorrerie dei pirati “saraceni “ , le ricerche del tesoro dei Monaci , il rifugio d' amore di George Watson Taylor e la costruzione della Villa, il principe Ginori e Vittorio Emanuele III, gli anni della Seconda Guerra Mondiale, il presidio militare e i tramezzi murari costruiti dentro la Chiesa, i saccheggi e le distruzioni del dopoguerra. Dopo la Seconda Guerra mondiale , l' isola era passata al demanio statale che l'aveva data in concessione nel 1949 al Consorzio Cooperative Pescatori ed Affini di Roma, il quale nel 1954 ne affida la gestione alla società Oglasa. L'Isola era completamente disabitata. A Cala Maestra si elevava qualche capanno usato dai pescatori di aragoste e nelle grotte delle inaccessibili coste meridionali, vivevano gli ultimi esemplare di foca monaca dell' Arcipelago. La società di gestione restaura la villa e gli annessi agricoli e esplica una rigida azione di sorveglianza. L'isola si avvolge in un alone di mistero. Niente sembra avvenire, fino alla fine degli anni Sessanta quando, all'avvicinarsi della scadenza della concessione demaniale prevista per il maggio del 1971, cambiano i vertici e le strategie societarie di Oglasa.
Nell'aprile del 1970, scoppiò la notizia: Montecristo sarà la sede di un esclusivo circolo di caccia e pesca, il Montecristo Sporting Club, riservato ad un centinaio di soci-azionisti. Si prevedeva la costruzione di un portorifugio turistico e peschereccio,- usufruendo di uno stanziamento statale di 250 milioni -, la ristrutturazione della villa- che sarebbe diventata la Club House del circolo- e degli edifici annessi, e la costruzione di nuovi fabbricati di servizio a Cala Maestra a ridosso dei resti di una vecchia costruzione edificata dai pescatori. Amulio ricordava bene quei giorni, di cui restavano l' edificio porticato di Cala Maestra -che doveva essere una sorta di snackbar -, i serviti di porcellana con il logo del Club, gli eleganti depliant che illustravano il progetto, i teli da bagno e le cravatte. Insorse la comunità scientifica che in Mario Pavan (Università di Pavia; per tre mesi del 1987 Ministro dell' Ambiente), Giuseppe Montalenti (Roma), Roberto Corti e Fernando Fabbri (Firenze), e Baccio Baccetti (Siena) ebbe i suoi più autorevoli attori e trovò nella Commissione per la conservazione della natura del CNR e nella direzione della Azienda di Stato per le Foreste Demaniali il coordinamento e la sponda istituzionale. Il Comune di Portoferraio, nel cui territorio è compresa l'Isola, con il Sindaco Elvio Bernardi bocciò il porto, e i 250 milioni non vennero assegnati. La vicenda trova vasto eco nella stampa. In un articolo titolato: "Montecristo, un'isola da strappare al cemento", pubblicato da Epoca del 16 settembre 1970, si legge: << Il lavoro ferve sull' isola. Barche a motore che arrivano dal continente scaricano grandi quantità di sacchi di cemento, pile di mattoni, macchinari per l'edilizia... " Siamo in fase organizzativa" dicono gli uomini che stanno curando questa iniziativa " ma per l'estate del 1971 tutto sarà pronto".>>. Nel corso dei mesi il progetto Montecristo Sporting Club andava lentamente affievolendosi. Ma ancora nel gennaio del 1971- avvicinandosi la scadenza della concessione demaniale - il destino di Montecristo, "...un' isola disabitata e naturalmente destinata per le sue peculiari caratteristiche naturali e culturali ad ospitare un parco nazionale ...", era ammantato di rischi ed incertezze, come si legge in un articolo apparso ne L'Espresso dell' 11 gennaio, dal titolo "Montecristo/ chi offre di più".
La civiltà vinse la battaglia e il 4 marzo 1971 un decreto congiunto dei Ministeri delle Finanze, Agricoltura e Marina Mercantile istituisce la Riserva naturale di Stato di Montecristo dove: "è consentito l'accesso solo per ragioni di studio, per escursioni naturalistiche, per compiti amministrativi e di vigilanza nonchè ricostitutivi di equilibri naturali, restando vietata qualunque altra attività antropica".
Cinque mesi dopo , l' 11 agosto, nel mare dell' Elba , veniva decretata dal Ministero della Marina Mercantile, l'istituzione della Area di tutela biologica de Le Ghiaie. I primi tasselli di aree protette dell' Arcipelago toscano. Le origini del Parco Nazionale.>>
Beppe Tanelli