Lunedì 20 marzo scorso il Vice Prefetto Giovanni Daveti ha convocato una riunione straordinaria nella sede di Portoferraio con i rappresentanti dell’Ente Parco Arcipelago Toscano, dei Comuni di Capoliveri e Porto Azzurro, dei Carabinieri Forestali, della Capitaneria di Porto: l’oggetto della convocazione aveva come scopo la condivisione di informazioni sullo stato attuale di degrado e abbandono della Zona Umida Protetta di Mola e le prime misure da mettere in atto per tentare il graduale ripristino e messa a regime di un’area di alto pregio ambientale, naturalistico, paesaggistico oltre che fondamentale per la sicurezza idraulica di tutta la zona.
La notizia in se può apparire banale e in realtà è un fatto unico che mai era successo nel passato e che merita il giusto rilievo: un Vice Prefetto che si fa carico personalmente, o per lo meno ci prova, per tentare di risolvere una situazione che in maniera tormentata si trascina da anni e che di solito esplode, purtroppo, alla ribalta della cronaca locale e nazionale per scandali dovuti a degrado, doli, illeciti.
Si è trattato di un incontro importante poiché riguarderà l’immediato presente e i cui effetti incideranno nel nostro futuro sociale, culturale, ambientale, economico in quanto arcipelago inserito in un Parco importante per la Toscana, l’Italia e il mondo intero.
Ciò che Daveti sta tentando di fare con la sollecitazione e collaborazione dell’Ente Parco e dei Carabinieri Forestali è riportare ad un tavolo di discussione operativo tutti gli attori istituzionali di competenza della Zona Umida di Mola tra cui i principali sono l’Ente Parco, i comuni di Capoliveri e Porto Azzurro.
Vista così la questione propongo alcune considerazioni: la prima è che la situazione è evidentemente grave e fuori controllo se si ricorre alla figura super partes di un Vice Prefetto per cercare di mantenere in vita e in sicurezza un habitat di circa 3/4 ettari nella sua specifica classificazione, ambiente umido costiero necessario e funzionale per tutto il Golfo di Mola e tutta la piana relativa.
Altra considerazione da fare è che finalmente dopo più di due anni di una intensa campagna di sensibilizzazione del sottoscritto e Legambiente sulla Zona Umida di Mola e sulla sua fantastica vitalità e bellezza per flora, fauna e paesaggio, si è giunti a prendere atto ancora una volta che le zone umide dell’Isola d’Elba o meglio ciò che ne resta sono oggi una priorità da affrontare e risolvere perché in estremo pericolo e a rischio scomparsa definitiva.
Se così fosse sarebbe un fallimento totale per le istituzioni locali e una pessima pubblicità per la nostra immagine di isola e arcipelago inserite all’interno di uno dei parchi sulla carta tra i più importanti d’Italia e d’Europa.
Occorre una riprogettazione sulla gestione delle zone umide, rivalutarne le potenzialità ambientali e naturalistiche strettamente connesse alla salute pubblica e al potenziamento di un tipologia di turismo che veramente ci interessa.
Continuare a intervenire senza una attenta e obbiettiva visione di insieme che guardi ai prossimi venti/trent’anni non produrrà niente di nuovo e di buono e prolungherà l’agonia di Mola oltre che impedire un intervento di spessore per l’altra zona umida collegata, Le Prade di Portoferraio.
Continuare ad agire ed intervenire solo una volta che sono state superate ampiamente le soglie della decenza e delle leggi produrrà l’allontanamento e disinteresse di quelle molte persone che hanno a cuore quelle zone e che le reputano ricchezza e patrimonio pubblico da visitare e frequentare, così come la presunta assenza delle istituzioni in un’area promossa in rete come tutelata e a regime allontaneranno quegli imprenditori che credono nella trasformazione di qualità del nostro turismo attraverso la buona gestione dell’ambiente.
Ho iniziato il mio impegno più specifico per Mola e Le Prade dalla fine del 2014 mettendomi nei panni di un ospite turista o giornalista straniero che volesse verificare di persona ciò che viene promosso nel sito del Parco ed altri riguardo Mola, contemplata nella sua multifunzionalità di Zona Umida Protetta e fruibile, con una dog beach di eccellenza, con una spiaggia balneabile e pulita, paradiso dei pescatori sportivi.
Ciò che ho verificato con una attenta, documentata e sistematica presenza nella zona non corrisponde in nessuna maniera al paradiso enunciato: spero a breve di poter divulgare assieme alla preziosa e competente collaborazione di Legambiente il risultato di un lavoro di osservazione e documentazione fotografica in itinere da circa due anni.
Nel sito web del Parco si legge al riguardo: ”Il Parco ha trovato la soluzione per rendere fruibile tutto l’anno la delicata zona umida di Mola…” terminando con la frase “Un buon esempio di collaborazione tra istituzioni e territorio”.
E’ giunto il momento di rifare il punto della situazione e passare dalle teorie e buoni propositi ai fatti di qualità, far si che questa collaborazione esista nella realtà quotidiana e per sempre.
Come dice il Vice Prefetto non è solo un problema di finanziamenti ma di volontà.
Il sito di Mola nel contesto più ampio di zone regionali e nazionali rare protette rappresenta una opportunità unica e di grande responsabilità istituzionale e civica che non possiamo fallire.
Solo la condivisione delle responsabilità tra istituzioni e cittadini, oltre che la ridefinizione di una visione progettuale più ampia, possono dare un impulso positivo e duraturo nel tempo, dando alla zona umida e alle molteplici attività antropiche la svolte la giusta e corretta forma.
Qualcosa dunque si sta muovendo nella giusta direzione e qualcosa in effetti sta succedendo a Mola da qualche settimana, come dimostrano i sempre più frequenti sopralluoghi dei Carabinieri Forestali, della Capitaneria di Porto, dei Vigili Urbani.
Allo stesso tempo la direttrice dell’Ente Parco Franca Zanichelli ha attivato una collaborazione con la casa di reclusione di Porto Azzurro che sta permettendo attraverso l’impegno volontario di alcuni detenuti una prima pulizia attorno ai fossi prospicienti il mare.
Lo stesso Comune di Capoliveri con Walter Montagna delegato al controllo di Mola ha attivato da alcune settimane verifiche e sopralluoghi.
A giorni inizieranno i flussi migratori e Mola come ogni anno darà spettacolo con l’arrivo di Aironi di vario tipo, Cavalieri d’Italia, Volpoche, Tarabusi.
Già ora l’area è molto frequentata da Germani Reali, Corrieri Piccoli, Gallinelle d’Acqua, Martin Pescatori oltre che passeracei e rapaci.
Si muovono nelle loro attività tra la rara vegetazione tipica delle zone umide costiere, anche se i fossi sono ripetutamente interessati da fenomeni di inquinamento di cui ancora non si è scoperta l’origine; l’anno scorso assieme all’entomologo Leonardo Forbicioni abbiamo identificato il Limonyum Narbonense, una pianta che non veniva rilevata a Mola dal 1899.
Un contesto così variegato è una ricchezza unica e irripetibile che offre ai residenti e ospiti turisti consapevoli una ragione in più per chiedere con forza e speranza la giusta attenzione e costante nel tempo per Mola e Le Prade.
Una scommessa lanciata per l’ennesima volta dove vinceremo tutti insieme o perderemo tutti insieme.
Termino con le parole finali di Giovanni Daveti che sicuramente lasciano su quel tavolo della prefettura un forte segnale di incoraggiamento e di fiducia: “Gli elbani quando vogliono sanno lavorare bene e insieme”.
Credo che questa sia veramente l’ultima possibilità per i gioielli di Mola e Le Prade che ci eravamo dimenticati per troppo tempo; in gioco non cè solo il futuro di aree di eccellenza ma la stessa nostra credibilità.
Se non riusciremo a gestire 15 ettari circa di zone umide come potremmo mai pensare di governare e bene un Arcipelago?
Gian Carlo Diversi (fotografo del territorio e sue trasformazioni)