Una tregua del maltempo ha consentito a Legambiente di celebrare la Giornata delle Zone umide a Mola, nella Zona B del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano e Zona speciale di conservazione (Zsc) e Zona di protezione speciale (Zps) dell’Unione europea, ma la situazione trovata dalla quarantina di volontari che hanno sfidato il freddo non è certo migliore di quella che il Cigno Verde ha denunciato ripetutamente negli anni passati: auto che circolano liberamente – anche mentre erano presenti i volontari, fin sulla battigia e in un’area che non dovrebbe essere accessibile a non autorizzati, barche tirate in secco sulla battigia, spesso in evidente situazione di abbandono e degrado e diventare delle specie di “cassonetti dei rifiuti”, spazzatura ovunque (i volontari del Cigno Verde hanno tolto decine di sacchi di rifiuti, soprattutto plastica ma anche gomme di auto, ferraglia, reti, bidoni), segni inequivocabili di degrado delle strutture, a cominciare dalla staccionata che dovrebbe delimitare l’accesso alla zona umida dalla “spiaggia dei cani” (in zona B di un Parco Nazionale, sic!) e che invece non solo non è stata completata - come chiesto ripetutamente da Legambiente – per impedire l’accesso illegale di auto e furgoni, ma che sta crollando in vari punti, così come qualcuno ha tolto pezzi di corrimano dalle passerelle del Parco.
La passeggiata guidata, fatta prima della pulizia della costa di Mola, ha dimostrato quanto questo sistema stretto tra strade e cantieri e fronteggiato a da ormeggi e barche che arrivano a motore fono a quello che dovrebbe essere un litorale protetto, così come è balzato agli occhi che è bastato il piccolo intervento fatto nel 2017 dall’Ente Parco grazie al lavoro dei detenuti del Carcere di Porto Azzurro (l’eradicazione di un canneto non autoctono), dopo la Giornata mondiale delle Zone umide, ha dato risultati immediati molto positivi.
Ma di fronte al poco fatto per salvare Mola dall’incuria e dall’abbandono sta emergendo preoccupantemente un altro pericolo: la vecchia discarica di Capoliveri, realizzata proprio nella fascia costiera dell’area umida tra i fossi e la strada che porta a Naregno, viene erosa dal mare, sputando fuori migliaia di pezzi di plastica e rifiuti di ogni tipo. Gli interventi promessi l’anno scorso anche dal Comune di Capoliveri non ci sono stati e a Mola il degrado della costa e l’abuso regnano ancora sovrani, mentre la natura cerca di resistere a un assalto sconsiderato dei soliti noti che pensano che siccome un luogo è di tutti non sia di nessuno.
«Non ci resta che rinnovare l’appello a un intervento radicale, basato su un progetto di recupero, valorizzazione e prevenzione di abusi e reati, che restituisca a Mola integrità e resilienza – dice Maria Frangioni, presidente di Legambiente Arcipelago Toscano - Questa intollerabile situazione non può continuare ed è ancora più insostenibile perché basterebbe davvero poco per cambiarla. Quel che è certo è che, nonostante le promesse, ci sono ancora barche abbandonate, relitti affondati, semi affondati e spiaggiati, lavori impropri realizzati in una Zona B di un Parco Nazionale e auto che circolano impunemente in una Zona umida che dovrebbe essere protetta. Siamo stanchi di promesse, vogliamo fatti, come quelli che concretamente Legambiente fa da anni non solo per segnalare, ma anche per ripulire e far conoscere un posto che sembra abbandonato da Dio e dagli uomini, ma che Madre natura tiene testardamente in vita».
Alla fine, dopo aver raccolto spazzatura e tolto relitti, al freddo di febbraio e sotto un timido sole, zuppe, prosciutto, frangette e buon vino per riscaldare pancia e cuore di tutti i volontari di quella che è stata comunque una bella giornata di lavoro e riflessione per Mola.
LA FOTOCRONACA
Si ringraziano per le foto Adolfo Tirelli, Giovanna Neri, Umberto Mazzantini, Michaela Boano