Su Internet possiamo leggere il curriculum vitae di certo sig. Mario Spagnesi. Questo "Carneade" altri non è che un distinto signore che si è preso la briga di conseguire con lode la laurea in Scienze Agrarie presso l'Università di Bologna, dove è stato anche docente di Zoologia Generale. Ha, successivamente, svolto attività di ricerca scientifica per oltre quarant'anni e, per oltre venti, è stato Direttore Generale dell'Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica (oggi I.S.P.R.A.), ente pubblico per la ricerca e la sperimentazione. Nel biennio 2004-2005 ha avviato e coordinato l'attività dell'Osservatorio Faunistico della Regione Calabria. E' stato presidente di Ekoclub International dal mese di ottobre 2005 al luglio 2010. Nel corso della sua lunga carriera ha poi assolto incarichi di rilievo sia in consessi nazionali che internazionali. E' autore di 8 libri, di 141 pubblicazioni scientifiche e tecniche concernenti argomenti di faunistica, ornitologia, mammalogia (branca della zoologia che studia i mammiferi), ecologia, conservazione della natura e zoologia applicata alla caccia. Ha scritto numerosi articoli divulgativi su riviste naturalistiche e venatorie.
Su Internet possiamo altresì leggere la scheda identificativa della Pernice Rossa a cura dello stesso Spagnesi, dove, alla voce geonemia, si legge che essa è una specie politipica a corologia (cioè distribuzione geografica) europea, presente nell'Europa sud-occidentale, attualmente diffusa, oltreché in Italia, in Corsica, Francia centro-meridionale, nonché in Gran Bretagna ed Isole Baleari per introduzione. In Italia è presente in entrambi i versanti dell'Appennino settentrionale, dal Piemonte all'Emilia Romagna, nelle isole d'Elba, Pianosa e Capraia e, con piccoli nuclei localizzati, in Toscana, Umbria e Lazio. Non solo, ma su detta scheda identificativa è riportato anche l'areale di nidificazione della pernice rossa, dal quale si può evincere, molto chiaramente, che proprio Pianosa e Capraia rientrano in tale sito, facendo capire, altrettanto chiaramente, che la pernice rossa non si è estinta né a Capraia, né a Pianosa.
Io non sono né un biologo, né uno zoologo, anche se, nella mia carriera di studente, ho dovuto sostenere alcuni esami di biologia. Tuttavia credo si possa affermare che una specie sia da considerarsi aliena quando la sua presenza, in un determinato ecosistema, interferisce negativamente (o, forse, anche positivamente) sulle biodiversità ivi presenti, cioè sulla coesistenza, in uno stesso sistema, di specie animali e vegetali diverse ove si crea un equilibrio grazie alle loro reciproche relazioni. E non credo che uno sparuto gruppo di pernici e fagiani, forse "imbastarditi", possa rompere questo delicato equilibrio.
In tal senso credo si debbano piuttosto considerare alieni all'Elba, ad es. il muflone ed il cinghiale di origine ungherese, e non si capisce per quale motivo l'Ente Parco non rivolga verso questi animali il medesimo accanimento.
Mi chiedo anche per quali motivi per le Isole Baleari, per Madeira e le Isole Canarie, che ricadono ugualmente sotto la giurisdizione della Comunità Europea, luoghi dove questo tipo di pernice è stato introdotto, non esista un uguale progetto detto di eradicazione, che io definirei di sterminio (vedi ratto nero di Montecristo).
La Natura non è fissa, ma in movimento, in continua trasformazione o, se vogliamo accogliere la terminologia darwiniana, in "evoluzione", fatta di comparse ed estinzioni e, perché no, talvolta di introduzioni spontanee o artificiali: pensiamo al fico degli ottentotti (che ormai fa parte delle nostre cartoline) ed alla acetosella gialla, i cui semi sono evidentemente stati portati dal vento o da animali vettori; che dire, poi, del pomodoro, della patata e del peperone (per citare i primi esempi che mi vengono in mente) sconosciuti in Europa prima della scoperta dellAmerica; così come il noce, il ciliegio, il pesco, l'albicocco, il susino, l'arancio, il mandarino e via dicendo (tutte piante introdotte dall'Oriente e i cui frutti ora sono presenti abitualmente sulle nostre tavole) o dell'Istrice, importata dai Romani dal Nord-Africa o della stessa Pernice Sarda, probabilmente anch'essa introdotta dal Nord-Africa e verosimilmente frutto di antichi incroci.
Ed ancora, forse che in agricoltura non viene finanziata l'"ibridazione" per ottenere prodotti più resistenti ai parassiti?
L'intento di voler perseguire un progetto volto ad ottenere la purezza o la purificazione di una razza selvatica, oltreché essere un'utopia, ritengo contenga in sé un germe pernicioso (termine che non deriva certo da pernice): che dire della massiccia presenza ovunque di meticci canini e felini; che dire dell'attuale massiccia presenza sul nostro territorio di persone di colore, praticamente sconosciute, non dico al tempo dei Romani, ma solo venti-trent'anni fa.
Quando ad Albert Einstein, di origine ebrea, al suo ingresso negli Stati Uniti, fu chiesto a quale razza appartenesse, la risposta fu: "L'unica razza che conosco è quella umana".
Giacinto Mosso
Caro Giacinto
In verità mi pare che ad alcuni degli appunti che tu muovi abbia già risposto (preventivamente) il Presidente del Parco, che probabilmente spiegherà meglio le sue determinazioni nell'incontro pubblico previsto per il prossimo martedì. Preso atto comunque di quello che affermi, da profano della disciplina mi permetto di sottolineare alcuni fatti concreti, basandomi su informazioni pubblicamente accessibili, e per chiarezza vado per punti:
a) Tra le qualifiche del Prof. Spagnesi che tu citi, direi la principale è l'essere stato per un ventennio direttore dell'INFS (ora ISPRA -massimo organismo conservazionista del nostro Paese), bene, come si concilia ciò con il fatto che proprio l'ISPRA è partner e promotore dell'azione di Pianosa cosi come quella del supposto stragista "topicidio" di Montecristo (già rivelatosi peraltro una "mano santa" con la ricolonizzazione dell'isola da parte dell'avifauna)?
b) Non so cosa si è fatto o non fatto alle Azzorre o alle Canarie, ma per restare nel Mediterraneo la situazione ambientale dell'Arcipelago Toscano non è - fortunatamente - assimilabile a quello delle Baleari, dove l'Homo Sapiens (cementificans) ha fatto più danni della grandine, e dove resiste un solo endemismo: una piccola lucertola, che comunque ci si appresta a difendere proprio con l'eradicazione dei ratti.
c) Board scientifici internazionali hanno stabilito che:
1) Nelle isole (che rappreseno solo il 5,3% delle terre emerse) si è verificato il 75% delle estinzioni di uccelli, anfibi, mammiferi e rettili
2) Il 41% delle specie di vertebrati terrestri a rischio di estinzione vivono nelle isole
3) Il 19% della biodiversità dell'avifauna vive nelle isole
4) l'86% delle estinzioni avvenute nelle isole sono dovute all'introduzione di specie invasive (in particolare ratti, topi, gatti, cani e volpi, cinghiali e altri ungulati)
d) Tornando ai ratti a Montecristo, e alle allarmistiche bufale delle "tonnellate di veleno" ivi sparse, ti faccio sommessamente notare che identiche operazioni di eradicazione sono state, con successo, condotte in centinaia di isole di tutto il mondo (alcune delle quali più estese della Sardegna).
e) Misure molto più drastiche, e anche "sentimentalmente" meno digeribili per la nostra cultura (a me ad esempio fa un po' di senso), sono state assunte da altri paesi: in Australia sono stati eliminati 5.000.000 (avete letto bene, cinque milioni) di gatti (con la g) rinselvatichiti, e si prevede di abbatterne altri 20.000.000 (avete riletto bene, venti milioni), la vicina nuova Nuova Zelanda ha stabilito che entro il 2050 non ci dovrà essere sul suo territorio alcun predatore allogeno. Segno che il problema esiste e come tale è avvertito da quelle popolazioni, che Darwin lo conoscono così bene da avergli intitolato una città.
f) Mi avventuro con un solo piede in un campo che conosci meglio di me, come la botanica, soltanto per osservare che tra le specie non endemiche, ce ne sono certo di utili e gestibili, come molte che hai citato, ed altre nocive e/o invasive come l'ailanto, con il quale quel figuro anti-italiano, improvvisato botanico, del Taylor (a cui la nostra amministrazione comunale vuol rendere omaggio con una dedica toponomastica) aveva impestato Montecristo, o come l'Albero dei Paternostri, le cui velenose bacche, a parere di un altro genio arboricolo, sempre in forza alla squadra di Ferrari, potevano restare "a portata di bimbo" nei giardini pubblici.
g) Dir male del Parco è abitudine molto diffusa e ognuno può tenersi i suoi pareri, ma fargli carico di non aver prestato attenzione (e risorse) al contenimento degli ungulati nocivi è abbastanza ingiusto: a quanto mi risulta il Parco, così come Legambiente, si muove nella prospettiva della ERADICAZIONE, che è cosa diversa dalla utopica "gestione" dei suini selvatici da sparo, col salumificio Cinghialelba, riproposta ad ogni pie' sospinto dalla Fondazione Elba (quella che doveva fare la rivoluzione in tre anni, e che niente altro fa che pontificare, spesso a bischero sciolto): fatto il salumificio chi segherebbe il ramo su cui siede?
h) In ultimo, salutandoti, faccio presente che questa faccenda dell’eradicazione non se l’è inventata il Presidente Sammuri – e nemmeno il fortunatamente in scadenza ministro dell’ambiente Galletti – ma è un obbligo dettato da una precisa direttiva europea sulle specie aliene invasive, che l’Ue ha a sua volta approvato in base agli impegni presi, da tutti i Paesi del mondo, alla Convention on biological diversity (CBD) dell’Onu, che ha individuato le specie invasive come la maggiore minaccia per le specie di fauna e flora insulari. Direttiva Ue che si sta copiando praticamente tutto il mondo, con un impegno con CBD che tutti i Paesi dovranno rispettare.
sergio rossi