Le campagne di eradicazione in atto nell’isola di Pianosa impongono una riflessione su temi complessi che vanno dalla storia alla preistoria, dal passato geologico alla storia naturale, dal rispetto della vita all’evoluzione. Il mondo è stato ed è modellato da un’infinità di azioni diverse, solo pochissime sono note alla specie umana, il resto è costellato di interrogativi. La piccola isola di Pianosa può essere presa ad esempio. Come il resto del nostro pianeta ha vissuto l’evoluzione naturale e quella antropica, oggi è un’isola di dieci chilometri quadrati, e ci teniamo a sottolineare la parola oggi, perché in passato Pianosa non era un’isola. Se è difficilissimo individuare il punto di partenza della sua storia, conoscerne gli sviluppi futuri è addirittura impossibile. La natura segue un percorso solo apparentemente determinato, e oltre ai mutamenti indotti non possiamo ignorare quelli casuali. Quali sono gli equilibri che si vorrebbero ripristinare “eradicando” alcune specie animali e vegetali che popolano l’isola di Pianosa? A quale periodo vogliamo tornare con questa “marcia indietro”? Forse a un periodo precedente al Neolitico? o addirittura al Paleolitico, privo del contributo umano? Attenzione, il viaggio all’indietro potrebbe condurci a un passato in cui Pianosa non era un’isola. A partire da tante incertezze ci chiediamo quale significato dare al concetto di specie in questo contesto e a quale risultato possa condurre l’eradicazione contemporanea di tipi “diversi”.
Il Parco dell’Arcipelago Toscano ha in atto progetti di riqualificazione naturalistica del territorio, pianificati da ricercatori e studiosi la cui competenza, capacità e valore scientifico sono indiscutibili, come è indiscutibile la volontà di lavorare per il bene complessivo dell’isola. L’Associazione per la difesa dell’Isola di Pianosa, che conta circa 600 soci impegnati nella tutela dei valori storici e naturalistici dell’isola, riconosce l’autorevolezza degli studiosi, ma non condivide assolutamente l’attuale campagna di eradicazione.
In passato l’Arcipelago Toscano ha subito altri interventi di eradicazione mirati a ricomporre situazioni corrotte e a promuovere la tutela del territorio, e gli interventi sui cinghiali dell’Elba, sulle capre e sui ratti di Montecristo, ci hanno trovato concordi.
Al contrario, l‘eradicazione diffusa di oggi è difficilmente condivisibile, facciamo fatica a considerarla un intervento a difesa della natura. A Pianosa la caccia è proibita, eppure in questi giorni sono stati esplosi centinaia di colpi. I cani, che non possono circolare liberamente nella ex colonia penale, sono stati sguinzagliati ovunque. Per giorni e giorni la natura dell’isola ha subito una pressione simile a quella di una riserva di caccia.
A Pianosa non si deve sparare mai!
Nessun progetto deve permettere l’uso di fucili come strumento di risoluzione dei problemi. L’assenza di una popolazione stabile ha fortunatamente attenuato gli aspetti antieducativi di questo intervento, ma riteniamo che l’aggressione dell’uomo verso la natura, non sia accettabile, soprattutto all’interno di un’area protetta.
Centinaia di animali uccisi, scuotono i sentimenti di tutti e in particolare di chi ama l’isola.
Condividiamo le critiche di chi, con competenza maggiore della nostra, ha condannato questa “mattanza”, aggiungiamo che chi ha sbagliato non deve aver paura di ammetterlo. L’ammissione degli errori rende onore alle persone e alle istituzioni.
Per concludere, ci permettiamo di esprimere una considerazione di ordine generale: il Parco rappresenta le braccia pensanti del Ministero dell’Ambiente, ed è quindi votato alla cura dell’ambiente inteso come sistema biologico, per dimenticare il brutto capitolo della “mattanza” di lepri, pernici, fagiani, ricci di macchia, è necessario voltare pagina e concentrare le energie per valorizzare il patrimonio archeologico, storico e architettonico dell’isola di Pianosa.
Il Parco ha dimostrato in molti casi di avere questo tipo di sensibilità e di volontà: il restauro del Castello del Volterraio, del Forte inglese e della Tonnara dell’Enfola, ne sono esempi tangibili per l’Isola d’Elba. Il già pianificato restauro della bellissima Casa dell’Agronomo pianosina conferma questo tipo di impegno.
La strada non è facile da percorrere, ma gli esempi ci sono e ne abbiamo citati solo alcuni. E’ bene insistere con energia su questo tipo di interventi, lasciando da parte campagne di eradicazione dai dubbi risultati e che comportano interpretazioni, giudizi e condanne su specie ormai perfettamente ambientate nel sistema isola.
Associazione per la Difesa dell’Isola di Pianosa – ONLUS