Il problema -perché è un problema- si insidia poco a poco, lentamente, come se fosse un’ombra che a rilento inizia a coprire il tutto. L’ombra porterà distruzione, ma è come se ancora non succedesse niente. L’ombra porterà malattia, devastazione, uno scenario apocalittico. Tuttavia, accecati dal sole dell’estate, dalle bellezze naturali, dall’immagine di un mondo che sembra prefetto, quest’ombra, che poco a poco ci sta avvolgendo, no si riesce a percepire, e la cosa peggiore è che non ce ne rendiamo conto.
Prima diapositiva
Un pomeriggio di sole, estate, una piccola spiaggia protetta dai muri di roccia, dalle case che si affacciano sopra la scogliera, dal faro che guida imperterrito durante sere calde d’estate. L’acqua del mare, che di solito è cristallina, piange. Il mare, inarrestabile, instancabile, piange. Lacrime di plastica, di sporcizia, lacrime di rifiuti umani, buttati (chi sa come e quando) che il mare vomita sulla piccola spiaggia di sassolini multicolori. Due passi avanti, dove la roccia fa una incavatura, qualcuno (chi, come quando e perché?) ha lasciati buttati candele, bottiglie e bicchieri di plastica, preservativi. Una festa intima probabilmente, rimane soltanto il rifiuto, abbandonato, lasciato li, quasi per dare testimonianza di una falsa festa.
Più in là, sempre quel pomeriggio e su quella spiaggia intima e raccolta, un gruppo di ragazzi, ridono, scherzano e fumano; fumano e lasciano la cicca sulla spiaggia, una, due, mille, ogni giorno ad ogni momento. Qualcuno, non tanto giovane, ha lasciato cadere una busta di plastica, non l’ha vista, rimane lì, il vento la spinge sul mare, il mare la ributta, andrà sicuramente all’interno di un qualche pesce che poi, qualcuno di noi, servito a tavola, mangerà.
Seconda diapositiva
Mattina di sole incandescente, le macchine nel parcheggio principale brillano accecando gli occhi. Due passi per buttare la spazzatura: una busta con la carta, un’altra con la plastica e le bottiglie di vetro in un'altra. Avanzo sicura, i bidoni (maleodoranti perché caldo, mi dico) mi aprono la loro bocca sporca. Guardo dentro e trovo l’orrore, l’incuranza, l’ignoranza nonostante la divisione dei bidoni a seconda del tipo di rifiuti. Qualcuno di noi ha buttato in maniera indiscriminata, dentro i bodoni, la spazzatura senza separarla. All’interno dell’organico trovo le bottiglie di plastica, nella indifferenziata scatole enormi di cartone, bottiglie di olio all’interno del bidone della carta. Rimango interdetta, sconsolata, penso nel mare che piangeva plastica e rifiuto umano, vedo questo scempio e lo sgomento mi abbatte. Butto anch’io la mia spazzatura, annientata. Nel mentre, i bidoni piangono a modo loro, traboccante di confusione.
L’ombra della nostra distruzione avanza, l’indifferenza e l’ignoranza sono sconvolgenti. Leggo l’insegnamento della psicoanalisi: “L’animale potrà essere feroce, ma non sarà mai criminale. Per poter delinquere occorre essere fatti di una pasta speciale, quella in qui la pulsione-non l’istinto animale -per un erratico eccesso di godimento, a volte mortifero per sé e per gli altri, esonda dal letto del simbolico” (Antonio Di Ciaccia, La Psicoanalisi n.51)
Condotta mortifera è quella dell’uomo, non soltanto per sé e per gli altri, condotta mortifera è anche, aggiungerei io, quella di buttare i rifiuti come sia e dove sia, non fa differenza che sia il bidone della spazzatura o il turchese mare del nostro pianeta o le strade della città o i sentieri dei boschi .
Il pianeta è casa nostra ma noi non sembriamo rendercene conto, l’ombra che ci circonda poco a poco, nebbia grigia che ci soffocherà, è proprio questa ignoranza criminale che distrugge e deturpa.
Ricordo il film WALL-E, diretto da Andrew Stanton, così visionario, ricordo documentari, articoli di giornali, mostre fotografiche, libri. Lavori che denunciano, che ci insegnano, che testimoniano i problemi dell’ambiente. Ma niente, vertiginosamente si avanza verso la distruzione.
Ho urgenza di dire BASTA. Ho urgenza di ripetere, per favore BASTA.
Roxana Amalia Sosa