Sono uno della generazione dell'era eternit, cresciuta all'ombra delle onduline usate dappertutto come copertura, dei soffitti delle scuole prefabbricate, nonchè dei depositi dell'acqua, tutto realizzato con materie derivate dall'amianto. Lastre di amianto si potevano comprare nelle ferramenta, per piccoli lavori casalinghi di isolamento termico.
Quando cominciai, anche questo da ormai tanto tempo, a vedere che la rimozione di tali materiali veniva fatta da operatori "sigillati" in tute protettive, con tanto di maschere integrali a copertura del viso, ricordo che cominciai a sentirmi quantomeno un po' confuso sulla reale
pericolosità e letalità di tali materiali, ma tant'è e me ne sono fatto una ragione.
Ora, il mio lavoro mi porta a girare continuamente le strade dell'Elba e sono rimasto sorpreso dell'incredibile stato in cui versa il rifugio San Francesco sulla strada che dal passo del Perone scende verso S.Piero e S.Ilario. Una volta tanto, fermandomi, ormai lo scorso anno, constato che il tetto, realizzato con onduline di eternit (probabilmente, vista la struttura antica, in restauro rapido di un precedente in origine fatto con differenti materiali) risulta franato e frantumato a causa di un albero abbattutosi sulla costruzione, non certo in tempo recente.
All'interno del piccolo edificio un delirio di frammenti di varie dimensioni, una struttura aperta, alla quale chiunque può accedere (anche bambini) e con tali materiali esposti alle intemperie, con rischio di diffusione nell'ambiente.
Ripensando alle scene "apocalittiche" per la rimozione dell'eternit, non potevo credere che nel cuore del Parco dell'Arcipelago Toscano ci fossero materiali così pericolosi.
In data 13 agosto 2017 scrissi pertanto una lettera al PNAT, corredata da foto, ricevendo pochi giorni dopo, in data 24 agosto, una mail "Posta Certificata" di ufficiale risposta, indirizzata oltre che a me a varie altre istituzioni, nella quale veniva risposto che, dato il carattere privato della costruzione, non era nel potere del Parco intervenire direttamente e venivano richiesti ulteriori accertamenti sul problema.
Fatto è che, a distanza di un anno, niente è cambiato, come dimostrano le foto di qualche giorno fa, l'edificio permane aperto e incustodito con i suoi materiali esposti al contatto di chiunque.
Allora: o si esagera con le tute da astronauti per la rimozione dell'eternit, oppure c'è qualcosa che non va. In piena zona protetta, di grande pregio ambientale, se l'eternit è così pericoloso, COSA SI ASPETTA A TROVARE IL MODO PER INTERVENIRE?
Roberto Barsaglini