Che Isola vogliamo?
Leggo, grazie alla solerte attività pubblicistica di Legambiente Arcipelago Toscano, che la Giunta Regionale ha approvato il progetto di ampliamento della cava/miniera di Buraccio-La Crocetta, nel Comune di Porto Azzurro. I dati di carattere tecnico relativi al progetto si trovano tutti nella circostanziata relazione di Legambiente, alla quale rimando (http://www.elbareport.it/politica-istituzioni/item/34135-ampliamento-minerario-buraccio).
Mi limito, in questa sede, a svolgere una serie di considerazioni basate sul più elementare buon senso. Un’estensione di 6 ettari è una enormità in un’isola tutto sommato piccola e non c’è dubbio che l’impatto paesaggistico e ambientale sia devastante.
Si legge che il progetto, di una impresa privata, va realizzato per motivi di rilevante interesse pubblico, inclusi i motivi di carattere sociale ed economico. L’approccio è, evidentemente, contraddittorio. E’ contraddittorio anzitutto perché l’interesse di una impresa privata, legittimo quanto si vuole, non può essere dilatato fino a sovrapporsi all’interesse pubblico, comune, collettivo. Ed è contraddittorio perché, a fronte dell’interesse dell’impresa che gestisce le estrazioni, vi sono gli interessi di altre imprese agricole, vitivinicole, di allevamento. E poi: quale è la ricaduta sull’occupazione?
Esiste una Convenzione, detta Convenzione di Faro (dal nome dalla località portoghese in cui è stata scritta nel 2005, non ancora ratificata dal nostro sgangherato Paese). “Faro” sostiene che la conoscenza del patrimonio culturale e l’uso dell'eredità culturale rientrano fra i diritti dell’individuo a prendere parte liberamente alla vita culturale della comunità. In “Faro” il processo di valorizzazione non discende più soltanto dallo Stato ma deve essere basato sulle sinergie fra pubblico, cittadini, privati, associazioni, ovvero da tutti quelli che formano comunità di eredità, insiemi di persone che attribuiscono valore all’eredità ambientale e culturale e che desiderano sostenerla e trasmetterla alle generazioni future.
“Faro” è importante anche perché ripristina il nesso tra paesaggio e patrimonio da un lato e tutela, ricerca, valorizzazione e comunicazione dall’altro. “Faro” ci aiuta a capire che dalla qualità di conoscenza, tutela e consapevolezza del patrimonio territoriale discende il benessere individuale e collettivo, come avviene con la qualità dell’aria, dell’acqua, del cibo, dei servizi. Il patrimonio ambientale e culturale entra nei processi di crescita economica, politica, sociale e culturale e di pianificazione dell’uso del territorio.
Quindi, non solo coloro che hanno proprietà e attività ai confini dello sbancamento verranno fortemente danneggiati ma è l’intera comunità che viene privata del diritto a decidere come vuole vivere e che cosa preferisce fare. Né appare chiaro quali siano le misure di compensazione. Il fatto certo è che queste attività, impattanti e devastanti, fanno parte del passato e per questo devono essere superate.
L’Elba e l’Arcipelago viaggiano ormai verso un altro futuro, fatto di turismo sempre più qualificato, di destagionalizzazione, di integrazione tra balnearità e altri turismi (ambientale, culturale, sportivo, agrituristico, enogastronomico…). Continuare sulla strada della vecchia economia estrattiva significa precludere queste altre strade, restringere i target da attirare. Ciò che non è rinnovabile non è sostenibile. Ciò che viene materialmente e irreversibilmente trasformato non può più essere recuperato.
L’Elba dovrebbe, adesso, far sentire una sola voce contro questo progetto di irreversibile manomissione del proprio paesaggio.
Franco Cambi
(foto copertina di Paolo Calcara)